Sul vostro estratto conto contributivo potrebbero risultare l’assenza di contributi previdenziali per periodi di tempo in cui voi avete lavorato. Questa situazione può dipendere da un errore dell’Inps, oppure può essere dovuta al fatto che il vostro datore di lavoro non ha pagato i contributi previdenziali per il periodo in cui vi ha impiegato – o una parte del periodo lavorativo.
Questa situazione può essere problematica perché i contributi previdenziali non versati, dopo cinque anni, cadono in prescrizione – ovvero non sono più validi ai fini del calcolo della nostra pensione. Se il lavoratore ha denunciato la situazione, e il buco contributivo dipende da un’inadempienza del datore di lavoro, la prescrizione si allunga a 10 anni.
Il lavoratore deve procedere al controllo della propria posizione contributiva – può farlo in un patronato oppure direttamente online se ha un Pin Inps o una Spid – e segnalare nell’area “Ricorsi Online” (sezione “Servizi per il cittadino”) del sito INPS, l’eventuale contribuzione mancante, così come tutte le anomalie nella sua posizione previdenziale.
Ovviamente bisogna allegare alla richiesta i documenti che potranno supportare le vostre affermazioni – come buste paga, certificazioni uniche (ovvero gli ex-Cud), o ricevute di versamento se non risulta che, ad esempio, avete riscattato il periodo degli studi universitari. Se il buco contributivo dipende da un errore dell’Inps, queste operazioni dovrebbero bastare a sanare la situazione. Se invece i contributi non sono stati versati dal datore di lavoro, il dipendente deve citarlo in giudizio e chiedere la regolarizzazione della situazione previdenziale – oltre al risarcimento del danno, se non ottiene risposta in altra forma.
Bisogna fare un discorso a parte per i dipendenti pubblici. l’Inps con la circolare 94/2017 ha stabilito che gli errori riscontrati nel passaggio dalla gestione Inpdap a quella Inps – l’ente pensionistico dei dipendenti pubblici è stato incorporato nell’Istituto Nazionale Previdenza Sociale dal governo Monti con il cosiddetto decreto Salva Italia -, potranno essere corretti solo entro la fine dell’anno passato con domanda on-line Rvpa – l’acronimo sta ad indicare una Richiesta di Variazione della Posizione Assicurativa. Una posizione presa dal nostro ente pensionistico che difficilmente potrebbe reggere il vaglio di un giudice, visto che limita i diritti di una categoria di dipendenti.
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