I premi César, la cui cerimonia si terrà domani, venerdì 24 febbraio, a Parigi, sono finiti nella bufera: tra i candidati come migliore regista, infatti, non compare neanche una donna. Non è la prima volta che l’organizzazione viene tacciata di sessismo: questa volta, però, la questione sembra essere ancora più seria, tanto da far scendere in campo centinaia di registi, produttori e addetti ai lavori.
Il mondo del cinema è sessista? Qui potremmo aprire un discorso infinito e continuare a parlare per ore, se non addirittura giorni. Quello che però sta iniziando ad apparire (quasi) certo è che lo sia quello francese. Almeno questo è ciò che credono i francesi stessi. A generare caos sono stati i premi César, che potremmo definire una versione degli Oscar con la r uvulare (che è quella che noi definiamo “moscia”). Ecco cos’è accaduto.
Continuano a generare polemiche su polemiche i premi César. Arriviamo subito al succo: l’evento – che potremmo definire il corrispettivo francese degli Oscar – pare non essere esattamente inclusivo come aveva promesso. Ci spieghiamo meglio: in 48 edizioni, nella sezione migliore regista, ha vinto solo una donna. Una in 48 anni. Possibile che su centinaia di registe francesi, solo una sia stata all’altezza dei suoi colleghi uomini?
Sia chiaro: quest’anno la situazione non cambierà affatto. Neanche per sogno. Sì, perché la prestigiosa accademia cinematografica francese non ha nominato nessuna donna per l’ambito premio, ancora una volta. Ma quest’anno vi è un’aggravante: aveva promesso, circa tre anni fa, che avrebbe fatto di tutto per favorire l’uguaglianza di genere, avendo compreso che in effetti qualcosa che non andava c’era eccome. In effetti, facendo un balzo indietro, già nel 2022 l’organizzazione era stata accusata di sessismo: ma cos’è cambiato in un anno? Nulla.
C’è da precisare anche che la faccenda si mette in coda alla stessa identica denuncia statunitense (anche lì agli Oscar non c’era nessuna donna candidata come migliore regista) e dopo che ai Bafta britannici avevano regnato sovrano i bianchi e non c’era stata traccia di persone di colore oppure di altre etnie.
Eppure, guardando più in là e cercando di vedere con nitidezza le cose, appare abbastanza chiaro che non può essere un caso (almeno quello dei Premi César): alcune delle registe escluse erano le stesse che avevano ricevuto (quasi) solo elogi dalla critica. Com’è possibile che non siano state neanche nominate? Qualcosa non quadra. Ecco perché possiamo comprendere quanto il dibattito sul sessismo e sull’uguaglianza nell’industria cinematografica francese appare più che mai giustificato.
Ma quali sono stati i film esclusi? Quali sono state le donne incluse invece nella manifestazione? E, soprattutto, qual è stata l’unica regista a essere nominata?
La 48esima cerimonia premiazione dei César si terrà domani sera a Parigi, quindi tra meno di 24 ore conosceremo anche l’esito delle votazioni. Ma tanto questo non basterà di certo a spazzare via le polemiche, anzi. Probabilmente il tema sarà più caldo che mai. Detto ciò, i candidati come miglior regista (scelti dai 4.705 membri votanti, precisiamolo) sono: Cédric Klapisch (En Corps), Louis Garrel (L’innocent), Cédrik Jiminez (Novembre), Dominik Moll (La Nuit du 12) e Albert Serra (Pacifiction).
A essere escluse, invece, sono state: Alice Winocour con Revoir Paris, Rebecca Zlotowski con Les Enfants des Autres di Rebecca Zlotowski, Alice Diop con Saint Omer. Sia chiaro: tutti questi film sono stati un vero e proprio successo al botteghino. Per onore di cronaca, però, dobbiamo precisare che la Diop e la Winocour hanno comunque ricevuto una nomination, ma per premi ritenuti decisamente meno prestigiosi, cioè miglior opera prima e migliore attrice.
Fermo restando che esiste un premio creato appositamente per le donne, cioè “migliore promessa femminile”, in tutti gli altri, quelli cioè accessibili a donne e uomini indistintamente, vi è solo una donna. Parliamo di Valeria Bruni Tedeschi, nominata per il miglior film, Les Amandiers.
A questo punto non possiamo non citare per completezza – ma anche per il loro contenuto – le parole di Guslagie Malanda, protagonista del succitato film Saint Omer di Alice Diop: “È così imbarazzante vedere che in un paese come la Francia siamo tornati indietro. (…) Molti film diretti da donne sono stati ben finanziati e sono stati sostenuti dalla critica e hanno persino fatto soldi al botteghino”.
Alle sue parole fanno eco quelle di Radio France Inter, che ha affermato senza mezzi termini che quest’anno “le donne si sono distinte per la loro assenza”. In effetti è proprio così: mai una mancanza ha fatto più rumore di una presenza (anzi, in alcuni casi sì, come quelli degli Oscar e dei Bafta).
Come ha poi dichiarato Rebecca Amsellem, scrittrice e creatrice delle newsletter femministe Les Glorieuses e di Gloria Media: “C’erano segnali che le cose stavano migliorando all’Accademia César e sembrava esserci un’esplicita volontà di cambiare le cose. Sanno di avere un problema e hanno detto che lo avrebbero risolto, quindi non è cambiato nulla. (…) Alcuni potrebbero obiettare che i film delle registe donne non sono abbastanza buoni. Penso che sia giusto ammettere che lo sguardo prevalentemente maschile nell’industria cinematografica ha portato inesorabilmente a una mascolinizzazione dei gusti. Di conseguenza, in una società patriarcale, il lavoro delle donne ha meno valore. (…) Ma non credo che questo argomento si applichi qui. Il film di Zlotowski, il film di Diop, ha ricevuto recensioni estremamente positive in Francia: è stato uno shock per tutti quando i loro film non sono stati selezionati”.
C’è da dire inoltre che, per peggiorare ulteriormente la situazione, tutto questo accade dopo che l’accademia César ha concesso a Roman Polanski – ricercato negli Stati Uniti per lo stupro legale di una ragazzina di 13 anni nel 1977 – di vincere i premi per la miglior regia e la migliore sceneggiatura adattata con J’accuse (L’ufficiale e la spia), che aveva ricevuto ben 12 nomination tre anni fa. Dopo la (tristissima) vicenda, l’organizzazione aveva promesso che avrebbe fatto “di meglio”. Ma c’era davvero da promettere questo? Magari sarebbe bastato correggere il tiro e prestare maggiore attenzione a chi concedere il lusso – perché di lusso si tratta – di vincere premi così prestigiosi.
Nel frattempo il popolo francese non è rimasto a guardare: più di 200 attori, registi, produttori e lavoratori dell’industria cinematografica hanno scritto una lettera aperta in cui accusavano esplicitamente l’accademia di essere “fuori dal mondo” e “disfunzionale”. Queste parole addirittura hanno causato le dimissioni del consiglio e la formazione di un nuovo assetto dirigenziale in cui ai vertici ci fossero più donne. Peccato che alla fine non sia cambiato assolutamente nulla.
Per cercare di smuovere un po’ la situazione comunque, già un mese fa circa, quando cioè fu reso noto l’elenco delle candidature e fu chiaro quindi che tra i migliori registi figurassero solo uomini, Marie-Charlotte Garin, deputata di Europe Écologie les Verts, aveva proposto di creare i premi Cléopâtre appositamente per le donne. La rivista Causette aveva allora deciso di accogliere questa sua richiesta e di istituirli davvero. I giornalisti della rivista hanno selezionato alcuni film e cioè: Alice Diop (Saint-Omer), Rebecca Zlotowski (Les Enfants des autres), Alice Winocour (Revoir Paris), Patricia Mazuy (Bowling Saturne), Blandine Lenoir (Annie Colère) e Charlotte Le Bon (Falcon Lake). A decidere chi di loro vincerà saranno il pubblico e poi una giuria. A quanto pare i premi sono stati vinti rispettivamente dalla Diop e dalla Zlotowski.
In ogni caso, come abbiamo anticipato, dalla prima edizione dei premi César – che risale al 1976 – solo una donna ha vinto il premio come miglior regista: Tonie Marshall con Vénus Beauté,
Dal 2014, l’elenco definitivo dei candidati per questa categoria ha sempre incluso almeno una regista donna. C’è da dire che quantomeno dal 2014 al 2022, nella lista dei candidati, è sempre stata compresa almeno una donna (alcuni anni anche un paio): quest’anno, a quanto pare, invece l’organizzazione ha deciso di fare ulteriori passi indietro. Chissà che però non imparerà dai suoi errori.
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