Il Governo Renzi sta studiando la riforma delle pensioni. L’obiettivo principale del Presidente del Consiglio è quello di rendere flessibile l’età pensionabile, grazie all’introduzione di un prestito, anche parziale, da destinare, secondo Poletti, prioritariamente ai disoccupati e a chi svolge lavori pesanti. Al vaglio c’è anche la volontà di alzare le pensioni minime, tuttavia l’intera operazione potrebbe costare anche più di 2 miliardi, pertanto è importante stabilire a quale punto dare la priorità.
L’aspetto più rivoluzionario, se così possiamo definirlo, della nuova riforma delle pensioni è costituito dalla possibilità di lasciare il mondo del lavoro all’età di 63 anni, dunque fino a tre anni e sette mesi prima dei requisiti attuali.
Come spiega Repubblica, ognuno potrà scegliere personalmente quanto farsi anticipare del proprio assegno pensionistico, ovvero un terzo, la metà o anche il 100%, a seconda delle proprie esigenze.
Come funziona l’Ape, ovvero l’anticipo pensionistico?
Il lavoratore che intende andare in pensione in anticipo, dovrà chiedere una sorta di preventivo all’Inps, per calcolare il valore della rata futura che dovrà restituire all’ente. In questo modo, dati alla mano, potrà concretamente valutare se esiste un’effettiva convenienza nel richiedere il prestito. A quel punto potrà anche considerare se può essere ragionevole chiedere l’anticipo soltanto di una parte: infatti, come accennato poc’anzi, non è obbligatorio farsi anticipare il 100% dell’assegno futuro, si può anche prenderne una parte, soprattutto se si crede di poter svolgere ancora qualche piccolo lavoretto.
A tal proposito Poletti conferma che il Governo sta pensando a un’Ape parziale da riservare in prima battuta ai disoccupati e a chi fa lavori pesanti, così da consentire loro di raggiungere prima la pensione con un anticipo di solo una parte dell’assegno.
Considerato che l’Ape è un prestito concesso dalle banche tramite Inps, per il lavoratore è di fondamentale importanza conoscere il valore della sua futura rata, considerato che per 20 anni gli verrà decurtata dalla pensione.
Il Governo sta considerando l’ipotesi di detrazioni in misura fissa, che si azzerino per le categorie più deboli e con redditi bassi.
Naturalmente c’è chi verrà penalizzato: se da un lato per gli esodati l’Ape la paga lo Stato e per i dipendenti in esubero l’Ape la paga l’azienda, dall’altro chi guadagna bene subirà i maggiori tagli. Tuttavia, in base ai calcoli del Governo, non perderà oltre il 5% della pensione lorda e non più del 6-7% di quella netta.
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