L’attesa riunione odierna dei ministri per le politiche energetiche dei vari stati membri del Consiglio UE non ha poteri per decidere sul price cap, inoltre la misura non incontra ancora il favore di tutti gli stati europei.
Intanto la riunione di oggi sarà fondamentale per sondare il terreno riguardo alle prossime mosse da opporre a Putin e alcune di queste potrebbero già essere avviate dallo stesso consesso dei ministri dell’energia.
Niente price cap per cominciare: la decisione più attesa, che sembrava riguardare in modo centrale l’appuntamento di Bruxelles tra i ministri per le politiche energetiche dei vari stati UE, non sarà discussa per mancanza di competenze del consesso.
Affinché il tetto al prezzo di acquisto del gas dal fornitore russo sia valido ed operativo, la delibera deve giungere dai capi di stato e di governo europei. Quindi il tutto slitta ad ottobre, presumibilmente all’incontro informale tra i leader del Consiglio Europeo in programma a Praga il 6 e 7 ottobre. L’auspicio è che per economia, imprese e famiglie del Vecchio Continente non sia troppo tardi, vista la morsa crescente di inflazione e caro bollette.
Da quello che emerge, a favore del dispositivo proposto per la prima volta da Mario Draghi vi sarebbero Portogallo, Lussemburgo, Belgio, Polonia, Romania, Bulgaria e Francia (pur meno convinta); invece ad osteggiare il tetto al prezzo sarebbero: Paesi Bassi, Austria, Repubblica Ceca, Slovenia e Germania (che ha nuovamente raffreddato l’ipotesi dopo una parziale apertura).
Intanto non è comunque vano il confronto odierno tra i ministri energetici in quanto potrebbe nel frattempo arrivare il via libera ad altre misure sull’energia.
In particolare si dovrebbe perfezionare la tassa sugli extra-profitti per le imprese energetiche che hanno realizzato utili eccedenti sfruttando indirettamente i giochi di rialzo dei prezzi degli idrocarburi adoperati sul mercato da Putin.
In secondo luogo si dovrebbe concordare un taglio ai consumi che vada intanto ad intervenire sulla domanda, decretando così, se non un abbassamento, per lo meno un freno all’aumento del prezzo dell’offerta energetica.
Nelle intenzioni di Bruxelles ogni stato comunitario dovrebbe garantire una riduzione della domanda di energia del 10%, di cui almeno del 5% nelle ore di punta. Tuttavia non è ancora chiaro se il provvedimento sarà coatto ed obbligatorio per tutti, o se invece verterà di più sulla volontarietà di ogni Paese.
L’Italia resta in attesa e spinge, oltre che per l’approvazione del price cap europeo, anche per la proposta di disaccoppiamento del prezzo del gas da quello dell’energia elettrica.
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