L’amministrazione Biden ha compiuto la sua prima azione militare: gli aerei militari americani hanno colpito in Siria le strutture in cui operavano alcune milizie sostenute dall’Iran.
Sono stati tre gli attacchi missilistici avvenuti nella zona orientale del paese al confine con l’Iraq, in risposta ai raid effettuati contro le basi usa in quest’ultimo paese: l’ultimo in ordine di tempo era stato il 15 febbraio, quando a essere colpita era stata la base a sud di Erbil nel Kurdistan iracheno. La vittima era stata una. Gli USA hanno affidato al paese le indagini senza accusare apertamente nessuna forza contraria, anche se per ora proclamarsene autore è il gruppo sciita Awliyaa al-Dam, dal quale l’Iran prende le distanze.
Gli Stati Uniti sostengono invece che ci sia dietro il paese governato da Hassan Rouhani, presunto autore anche dell’attacco missilistico di settimana scorsa nei confronti di alcune ambasciate a Baghdad, compresa quella americana. Non ci sono stati morti.
Attacco in Siria: 17 le vittime
È stato il Pentagono a spiegare il perché di questa azione militare. Il portavoce John F. Kirby ha dichiarato che sono state distrutte diverse strutture sfruttate dalle milizie e che questo bombardamento invia un messaggio inequivocabile, ovvero che il presidente Biden farà di tutto per proteggere la coalizione americana in Medioriente. inoltre, ha spiegato, che l’azione aveva l’obiettivo calmare la situazione di tensione sia nella serie orientale della Siria che in Iraq.
L’osservatorio siriano dei diritti dell’uomo ha però fortemente condannato quanto successo, visto che sono morti 17 membri delle milizie.
Un botta e risposta che nasce dalla volontà dell’Iran di riaprire i negoziati sul nucleare con l’Occidente, per tornare agli accordi del 2015. Il presidente Biden sarebbe disposto al dialogo ma non a fare un passo indietro.