Da alcune settimane è approdato su Real Time, alle 21.10 del martedì, Primo appuntamento: il nuovo dating show che ha come cornice un elegante ristorante romano. Di certo, il genere dating non rappresenta una novità recente per il piccolo schermo. Solo per citare alcuni esempi, lo ritroviamo già negli anni Ottanta con programmi come M’ama non m’ama e Il gioco delle coppie; negli anni Novanta è la volta del celebre Colpo di Fulmine, condotto da una giovane Alessia Marcuzzi, per passare poi attraverso quello che oggi è il dating show per antonomasia con tutte le sue varie declinazioni: Uomini e Donne, fino ad arrivare ai più recenti esempi che spingono sempre più su l’asticella del consentito, come Undressed e L’Isola di Adamo ed Eva.
Qual è il meccanismo di Primo appuntamento? Due persone alla ricerca dell’anima gemella, preventivamente selezionate dalla produzione, si incontrano in un elegante ristorante di Roma, diretto dal maitre Valerio Capriotti, volto noto del mondo della ristorazione. Cenano insieme, chiacchierano e, alla fine dell’incontro, scelgono se vedersi nuovamente o meno. Prima di comunicare la loro decisione, ciascuno racconta le proprie sensazioni in un breve confessionale, per poi passare al confessionale di coppia in cui i due si diranno un sì o un no.
Un format molto semplice, dunque, quasi banale, verrebbe da dire, ma probabilmente è proprio qui che risiede il suo punto di forza. L’incontro avviene infatti in una location reale: un ristorante vero, con personale vero; niente studio televisivo, né ambienti artefatti che vogliono rendere i protagonisti oggetto di studio sociologico – stile Undressed – né location esotiche come ne L’Isola di Adamo ed Eva.
Primo appuntamento ripropone una situazione reale, in cui ciascuno di noi potrebbe trovarsi. Non c’è alcun intervento visibile da parte della produzione televisiva: il ruolo demiurgico del piccolo schermo si svolge dunque a monte, nella scelta delle persone da far incontrare. E c’è spazio per tutti, giovani e meno giovani, eterosessuali e omosessuali: situazioni variegate in cui ciascuno spettatore può potenzialmente riconoscersi, scegliendo di tifare (o non tifare) per il buon esito dell’incontro, ma comunque rimanendo incollato allo schermo con la curiosità di scoprire come andrà a finire quell’appuntamento che, in fondo, ha la straordinarietà di non avere nulla di extra-ordinario.