[didascalia fornitore=”ansa”]Da sinistra: Fabio Santanelli Di Pompeo, responsabile dell’Unità Operativa di Chirurgia Plastica dell’A.O. Sant’Andrea di Roma, e Benedetto Longo, chirurgo precario che fa parte della stessa unità operativa[/didascalia]
In tutta Italia si è parlato del trapianto di faccia con cui una equipe di chirurghi connazionali ha restituito il volto a una donna. Non è la prima volta che viene eseguita una operazione del genere, nel mondo, ma in Italia sì. “Facciamo cose belle con 10 anni di ritardo pur avendo tutte le competenze per la pole position”, dichiara il professor e primario Fabio Santanelli Di Pompeo – capo dell’unità di chirurgia plastica e ricostruttiva del Sant’Andrea di Roma – sul Corriere della Sera, che sottolinea “Potevamo fare questo tipo di intervento molto prima, ma ci ha preceduto anche la Turchia. Sono mancati governanti illuminati”. Ma la notizia su cui riflettere non è solo il cronico ritardo italiano, ma il fato che uno dei medici chirurgi dell’eccellenza italiana, che era nel team intervenuto a lavorare sul viso della paziente, è ancora senza un contratto a tempo indeterminato, è in pratica un precario che guadagna circa 2mila euro lordi al mese. Una retribuzione “inferiore a quella di una colf, con tutto il rispetto per le colf”, sottolinea il professor Santanelli.
In Italia chi sa fare bene il proprio mestiere non viene sempre premiato in base alla sua capacità: un esempio è quello di Benedetto Longo, 40anne chirurgo nato a Crotone, dal curriculum eccellente e anni di praticantato ad Harvard, stretto collaboratore del primario ma assunto con contratti annuali a tempo determinato.
Il coordinatore del gruppo che ha lavorato sul volto della paziente, Fabio Santanelli Di Pompeo, 58 anni, napoletano, primario al Sant’Andrea di Roma, conferma: “Benedetto, il mio vice, ha solo un contrattino da ricercatore alla Sapienza che riesco a coprire con i fondi raccolti grazie alla mia credibilità scientifica”, piega il chirurgo al Corriere. E’ ancora precario, senza posto fisso. Il problema è che in Italia “le persone che valgono sono considerate rompiscatole”, sostiene.
Benedetto Longo è quindi ancora precario, come spiega in una intervista su Repubblica, guadagna ”25 mila euro lordi all’anno per 5 giorni lavorativi alla settimana” e quindi per far quadrare i conti ammette di svolgere ”anche attività privata”. Anche se il suo mestiere lo fa ”per passione”, perché la gratificazione più grande è vedere ”la soddisfazione dei pazienti”.
”La cosa più importante è la soddisfazione dei pazienti – fa eco Fabio Santanelli Di Pompeo – che però sottolinea un’ingiustizia tutta italiana, quella della mortificazione della professionalità e del merito – Per il resto non so cosa devo fare ancora per interrompere il precariato”.
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