Si è tenuta questa mattina la prima udienza del procedimento per la morte della piccola Diana Pifferi, la bimba morta di stenti a 18 mesi.
Il presidente Ilio Mannucci Pacini ha rinviato tutto all’8 maggio prossimo, per consentire al nuovo avvocato di Alessia Pifferi di studiare gli atti. In Aula era presente anche Viviana Pifferi, sorella dell’imputata, che rischia una condanna all’ergastolo. La zia della piccola Diana si è presentata in tribunale con una maglietta con la foto della bambina. Nella prossima udienza la madre e la sorella di Alessia Pifferi si costituiranno parte civile.
Al via il processo per la morte della piccola Diana Pifferi
“Aveva diritto di vivere, non di pagare per sua madre”
sono queste le parole pronunciate questa mattina da Viviana Pifferi, sorella di Alessia e zia della piccola Diana, la bambina di 18 mesi abbandonata da sola per sei giorni e morta di stenti dopo una lunga agonia nel luglio dello scorso anno. Questa mattina si è celebrata – presso il Tribunale di Milano – la prima udienza del processo per omicidio volontario a carico della 37enne, accusata di omicidio volontario pluriaggravato.
Il presidente della Corte ha rinviato l’udienza all’8 maggio prossimo, per consentire al nuovo legale difensore di Alessia Pifferi di studiare gli atti. La donna rischia una condanna all’ergastolo. La zia e la nonna della piccola Diana si costituiranno parte civile al processo.
“Mia sorella deve pagare, Diana era la bambina più bella del mondo, non si meritava tutto questo, sua madre deve pagare per quello che ha fatto”
ha detto in lacrime Viviana Pifferi, che si è presentata in Aula con una maglietta con la foto della nipote.
Alessia Pifferi cambia di nuovo avvocato
Nei giorni scorsi l’imputata ha cambiato di nuovo avvocato, poi ha richiamato il legale precedente, che però ha rifiutato l’incarico. Ora è assistita da un altro legale, che ha chiesto di poter studiare le ‘carte’, data anche la complessità e la delicatezza del procedimento.
Nella prossima udienza, la madre e la sorella di Alessia Pifferi si costituiranno parte civile. All’imputata viene contestata anche l’aggravante della premeditazione, oltre a quelle di aver ucciso la figlia e dei motivi futili e abietti. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, la piccola Diana – 18 mesi – fu lasciata da sola a casa, per sei giorni, mentre la madre era in vacanza a Leffe con il nuovo compagno, con il quale aveva da poco iniziato una nuova relazione. Una volta tornata a casa, la donna avrebbe trovato la figlia ormai senza vita, parlando di una baby-sitter che l’avrebbe abbandonata, ipotesi immediatamente scartata dagli inquirenti.
Secondo quanto scrivono i pubblici ministeri, la bambina venne “lasciata senza assistenza e assolutamente incapace, vista la tenerissima età, di badare a se stessa, senza peraltro generi alimentari sufficienti e in condizioni di palese ed evidente pericolo per la sua vita, visto anche le alte temperature del periodo”.