Nel processo Banca Etruria riguardante il crac della nota banca popolare, il giudice ha stabilito che i reati contestati non sussistono.
Fra i 14 imputati c’era anche Pier Luigi Boschi, padre dell’ex ministra Maria Elena, che all’epoca era vice presidente di Banca Etruria.
Processo Banca Etruria
Il tribunale di Arezzo ha assolto gli imputati perché secondo il giudice chiamato a decidere sulle cosiddette consulenze d’oro, i fatti non sussistono.
Si conclude così il processo che ha portato alla sbarra 14 persone per il crac di Banca Etruria nel 2015, nell’ambito delle indagini sulle consulenze d’oro.
La sentenza è stata emessa oggi dal giudice Ada Grignani dopo nemmeno un’ora di camera di consiglio.
La procura aveva chiesto diverse condanne per un massimo di 1 anno, per quanto riguarda il reato di bancarotta, a carico degli ex consiglieri e dirigenti dell’istituto di credito.
Presente in aula il procuratore capo Roberto Rossi, che intende appellarsi contro l’assoluzione.
Le parti civili, in difesa dei risparmiatori truffati, molti dei quali erano presenti anche oggi, avevano ovviamente sostenuto le pene richieste dal pubblico ministero, mentre la difesa chiedeva l’assoluzione.
Gli imputati e le consulenze d’oro
Sono 14 le persone coinvolte nel processo come imputati, fra questi spicca Pier Luigi Boschi, padre dell’ex ministra Maria Elena durante il governo Renzi.
Boschi era all’epoca dei fatti, il presidente e nel processo Banca Etruria aveva ottenuto a suo carico la condanna a 12 mesi dal sostituto procuratore Angela Masiello.
Lo stesso vale per Luciano Nataloni, Claudio Bugno e Luigi Nannipieri, mentre le condanne erano più lievi per gli altri dipendenti dell’Istituto aretino coinvolti.
Ad indagare sulle consulenze d’oro è stata la Guardia di Finanza, che ha portato avanti indagini al fine di smascherare consulenze che richiedevano un grandissimo sborso di denaro da parte della casse di Banca Etruria, già abbastanza vuote.
Alcune di queste consulenze si riferivano alla fusione della banca con la Banca Popolare di Vicenza e per tale progetto il Cda contattò Mediobanca e diversi studi legali romano, milanesi e torinesi.
Gli avvocati difensori hanno respinto con forza queste accuse, in particolare Gildo Ursini, avvocato di Boschi, nella sua arringa aveva riferito che la banca desiderava raggiungere la fusione chiesta dalla Banca d’Italia, per questo si era rivolta ai migliori professionisti d’Italia, fra cui la società di revisione Kpmg e studi legali prestigiosi.
Alle 10 di stamattina, il giudice ha espresso la sua sentenza, che sicuramente farà molto discutere chi ha seguito la vicenda.