La scuola italiana si mostra in crisi: almeno trentamila professori precari, supplenti in vari istituti del Paese, non percepiscono lo stipendio da mesi. Lo scorso dicembre 2015 dal Miur erano arrivate rassicurazioni, con la firma di un decreto di stanziamento dei fondi necessari per il ”completamento dei pagamenti relativi alle supplenze brevi degli ultimi mesi del 2015 e per assicurare regolarità dei pagamenti per tutto il 2016”. Ma nonostante l’accordo tra il ministro dell’Istruzione Giannini e il ministro dell’Economia Padoan, i docenti precari della scuola pubblica restano senza retribuzione.
Il problema appare chiaro: c’è mancanza di fondi, il che significa che non ci sono soldi in cassa. Il Miur ha pensato ad una nuova emissione straordinaria di fondi per il prossimo 15 marzo, ma molti docenti lanciano ugualmente l’allarme, perché in 30mila nonostante un regolare contratto di lavoro stipulato con le rispettive scuole, non percepiscono lo stipendio regolarmente da ottobre 2015. Alcuni docenti hanno ricevuto una mensilità o due, altri non hanno avuto niente.
Inoltre questi pochi stipendi erogati, oltre ad essere arrivati in ritardo, sono stati fatti rientrare nella categoria “arretrati” e quindi su queste somme non si è potuto calcolare la detrazione fiscale. Per risolvere questo nodo burocratico dal governo è stato assicurato che “i soldi verranno resi con il 730 del 2017“.
Da parte dei sindacati di settore arriva l’allarme, e a Milano i docenti precari guidano la protesta: ”La responsabilità è del governo non è delle scuole, dove anzi, le segreterie sono in tilt. I ministeri dell’Economia e dell’Istruzione si rimpallano le responsabilità. Negli ultimi giorni sono arrivati da noi cento supplenti di venti scuole milanesi. Come mai si ha ache fare con questi numeri molto alti? ”Il precariato è raddoppiato con la legge 107, perché i docenti assunti anche da altre regioni potevano prendere servizio anche un anno dopo e lo hanno fatto. I presidi allora hanno chiamato i supplenti fino ad esaurire le graduatorie”, spiegano i sindacalisti, che concludono: ”Che cosa facciamo? I docenti devono chiedere al giudice un decreto ingiuntivo di pagamento, da noi trovano l’assistenza legale” necessaria. Sperando che nel frattempo le cose si sblocchino.