Mille giorni per le riforme con un sito, passodopopasso.italia.it, in cui il governo mette il conto alla rovescia, aprendo una piattaforma per il controllo e la partecipazione dei cittadini. Matteo Renzi presenta il sito che permetterà di verificare l’operato del governo per i prossimi mille giorni, fino a maggio 2017, termine che il premier si è dato per “cambiare l’Italia”. La conferenza stampa è stata l’occasione per difendere l’esecutivo da quello che il premier definisce “annuncite”, la tendenza ad annunciare provvedimenti senza farli seguire da fatti (decreti e leggi): una difesa a tutto tondo del governo, affiancato dai fedelissimi Graziano Delrio e Maria Elena Boschi. La ministra per le Riforme si limita a snocciolare un numero, quello dei decreti attuativi messi in campo dal governo Renzi. “Il giorno del giuramento del nuovo governo erano 889 i decreti attuativi, oggi sono 528”, diventati 699 contando anche quelli voluti dal nuovo esecutivo.
Il sito https://t.co/p5c1lKamaZ è il diario di bordo dei #millegiorni Sarà arricchito quotidianamente. Domani agricoltura, mercoledì scuola
— Matteo Renzi (@matteorenzi) 1 Settembre 2014
La vera novità presentata da Renzi è dunque il sito passodopopasso.italia.it dove sono elencate le riforme che aspettano il governo con una scadenza precisa e il conto alla rovescia. “Vogliamo dare una visione più completa di quello che abbiamo fatto”, ha spiegato il premier, aggiungendo che saranno inseriti “elementi nuovi che verranno dal dibattito parlamentare, dalle scelte dei ministri e anche dai cittadini”, chiamati a fare la loro parte per opinioni, suggerimenti e proposte. “Il sito è come un puzzle, la cui cornice per noi è chiara e i cui pezzi saranno aggiunti giorno dopo giorno”, dice.
L'Italia la cambiamo, piaccia o non piaccia ai soliti noti esperti di palude. #millegiorni e l'Italia tornerà leader, non follower
— Matteo Renzi (@matteorenzi) 1 Settembre 2014
Il portale ha già fatto partire il conto alla rovescia per quelle riforme che il Paese farà mantenendo il limite del 3% e “utilizzando la flessibilità che l’Ue ci consente”. Insomma, nelle intenzioni del governo un luogo in cui i cittadini potranno controllare le azioni del governo secondo quello che Renzi definisce “accountability”, il fissare una data per avere “un concetto di responsabilità ampia, estesa, l’idea che ciascuno debba rendere conto di ciò che fa”.
Il cronoprogramma: le prossime riforme
Qualcosa in questi primi mesi di governo si è mosso, ma la tabella decisa da Renzi di una riforma al mese è saltata e molto rimane da fare. A complicare il tutto, arriva la conferma del momento di crisi per l’economia italiana ed europea, con Francia e soprattutto Germania, alle prese con parametri di crescita al ribasso. Per questo, il piano del governo dovrebbe svolgersi su due piani, come chiarito dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan in un’intervista al Corriere: riforme e consolidamento fiscale. Da una parte dunque un processo riformatorio che dovrebbe toccare i punti più caldi del sistema-paese, dalla scuola alla giustizia, aspettando quella fiscale; dall’altra il proseguimento del piano di risanamento del debito che, assicura Padoan, “non sforerà il parametro del 3%”.
Sul tavolo del governo ci saranno le prime due riforme in programma, quella della scuola e della giustizia, in particolare quella civile. L’esecutivo si è già mosso: la ministra Stefania Giannini ha anticipato le linee guida che muoveranno la riforma del sistema d’istruzione nel suo intervento al Meeting di Rimini. Il ministro Andrea Orlando ha elencato i dodici punti per la riforma della giustizia e prosegue i colloqui con le opposizioni, a esclusione del M5S, alla ricerca della maggior convergenza possibile.
Infine lo Sblocca Italia, forse il provvedimento a cui Renzi tiene di più: far ripartire opere pubbliche, cantieri nuovi e un piano casa ridotto rispetto alle aspettative, con semplificazioni e bonus fiscali a sopperire alle scarse risorse. Lo ha chiarito il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi: il decreto “mira prevalentemente a sbloccare la burocrazia”. Investimenti al momento congelati ma, assicura Lupi, “tra legge di stabilità e il decreto si troveranno le coperture per le azioni necessarie al rilancio del Paese”.
Il problema delle coperture
Il vero nodo del piano del governo è nelle mani di Padoan: dove trovare le coperture per le riforme. Il ministro dell’Economia è stato chiaro: il debito non deve crescere, il parametro del 3% non sarà sforato, pena la perdita di credibilità e di contrattazione con Bruxelles. Le riforme italiane devono essere inserite in una visione più europea, d’accordo con quanto detto dal governatore della Bce, Mario Draghi. “In Europa c’è un problema di crescita, da affrontare con tutti gli strumenti possibili, e a tutti i livelli di responsabilità, nazionale e comunitaria”, ha spiegato nell’intervista al Corriere. “La politica europea, compresa quella monetaria, e quelle nazionali, con le riforme strutturali e non solo queste, devono sostenersi e integrarsi a vicenda, per portare la crescita a livelli più elevati”. Le riforme strutturali sono strettamente collegate con il consolidamento fiscale. La soluzione? Tagliare la spesa ovunque sia possibile. “Dobbiamo rivedere al ribasso le previsioni di crescita del Pil, e quando avremo dati più precisi capiremo quale sarà il cammino verso l’obiettivo”, conferma Padoan. Per questo la spending review sarà fondamentale, “lo strumento guida nella formulazione della legge di Stabilità”, e coinvolgerà tutto il governo, con “obiettivi di risparmio di spesa quantitativi, ma che permettano di preservare l’efficienza dei servizi pubblici. Anche Regioni ed enti locali dovranno essere coinvolti in questo processo”.
Il piano di Cottarelli
Carlo Cottarelli dovrebbe incontrare a breve Renzi. Lo farà dopo mesi di tensioni, smentite con non troppa forza, per chiarire quali sono le ricette messe a punto, anche in collaborazione con il presidente dell’Autorità nazionale anti corruzione, Raffaele Cantone, nominato dal premier. La scelta su dove e come tagliare sarà tutta politica, ma sarà necessaria se il governo vorrà portare avanti il piano delle riforme. Tra le ultime battaglie del commissario della spending review quella per il taglio dei costi delle forniture alla PA: accorpare le centrali d’acquisto e far rispettare le regole che già esistono, con un controllo reale sullo sforamento dei parametri imposti dalla Consip, la società del ministero dell’Economia che si occupa degli acquisti per la pubblica amministrazione.
Secondo Cottarelli, il risparmio si aggirerebbe tra i 6 i 7 miliardi l’anno. Come? Facendo rispettare i parametri di spesa stabiliti dalla Consip. Nella realtà di tutti i giorni, le amministrazioni riescono a sfuggire ai numeri imposti per gli acquisti. Basta indicare variazioni minime del prodotto richiesto ed ecco che si ha la possibilità di comprare forniture a prezzi più alti. La differenza tra le spese realmente effettuate e quelle stabilite dalle Consip lo scorso anno è stata di 4,5 miliardi. Per questo Cottarelli e Cantone hanno inviato lettere a tutti gli enti che hanno avuto spese troppo alte per le forniture. Con l’accorpamento delle centrali d’acquisto dalle 30mila attuali alle 200 previste da Cottarelli, si avrebbero poi prezzi più bassi con un maggior numero di acquisto.
Infine, arriva la conferma della necessità del taglio alle partecipate locali: i dati pubblicati dal commissario, mostrano come “una su quattro non produce reddito”, con società che non sono più operative, altre che hanno più amministratori che dipendenti e quelle che non hanno neppure un dipendente.