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L’approvazione della legge Delrio per l’abolizione delle Province è stato un successo per il governo di Matteo Renzi ma a oggi non ha ancora portato alla realizzazione del progetto del governo: abolire le Province. Il voto favorevole del Parlamento è in attesa di essere concretizzato con decreti attuativi che sono attesi per l’11 settembre, come ha ricordato lo stesso sottosegretario alla Presidenza. Mancando i decreti, alcuni problemi sono rimasti senza risposta: a chi andranno le competenze e come? Il personale in esubero sarà ricollocato e come? Il risparmio sarà effettivo o sarà trasferito su altri enti? Trasformate in enti di vasta area non elettive dal decreto, per l’abolizione totale, compreso il nome stesso, bisognerà attendere la riforma costituzionale, visto che è nella Carta che è sancita l’esistenza delle Province. L’attesa è tutta per l’attuazione del decreto anche per capire cosa succederà del personale in esubero che esiste e che dovrebbe essere ricollocato.
Abolite le Province elettive, la legge Svuota-Province Delrio mette in campo i nuovi enti di area vasta: pur non essendoci votazioni (il che porta a meno cariche politiche e a meno soldi pubblici spesi per elezioni e stipendi), il presidente e consiglio provinciale non ricevono indennità e vengono eletti da sindaci e consiglieri comunali tenendo in considerazione la popolazione dei comuni di provenienza per l’assegnazione del peso del voto. Le competenze che erano materia provinciale passano ora a Comuni e Regioni, rimanendo alle aree provinciali alcuni ambiti da gestire. Tutto è ancora in divenire: mancano i decreti attuativi su cui sta lavorando la ministra degli Affari Regionali Maria Carmela Lanzetta: un lavoro lungo, complesso e difficile quanto si vuole ma che arriva già in ritardo sulla tabella di marcia.
La ricollocazione dei dipendenti
Altro problema che si deve affrontare è la ricollocazione del personale delle Province. Dalle pagine del Corriere, Sergio Rizzo ricorda lo studio della Sose, società del Tesoro e della Banca d’Italia, effettuato con il Nomisma, centro studi bolognese, in cui è stata ricreata la situazione del personale e dei costi degli enti di vasta area. Secondo i parametri della legge Delrio, per gestire le nuove aree servirebbe 27.269 dipendenti a fronte di 47.862 che realmente lavorano oggi nelle Provice, come da censimento del 2011. Il che porta a 29.593 dipendenti in esubero.
I conti dello studio prendono in esame le nuove aree, senza toccare le città metropolitane, le ex Province di Roma, Milano, Bologna, Firenze, Bari, Genova, Venezia, Napoli, Torino e Reggio Calabria che saranno assorbite dalle future città metropolitane. Incerto anche il destino delle Province nelle Regioni a Statuto Speciale: la legge prevede che Sicilia, Sardegna e Friuli-Venezia Giulia si adeguino entro aprile 2015, con la regione di Rosario Crocetta che ha già votato la cancellazione e l’istituzione di “liberi consorzi”, mentre per Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta sarà applicata “compatibilmente con le norme dei rispettivi statuti”.
Il rapporto Sose-Nomisma parla di “ricollocazione della spesa tra gli enti locali”, così come il personale che potrà essere anche tagliato con prepensionamenti e altro, ma che dovrà essere ricollocato in altro modo. Insomma, il percorso è ancora lungo e accidentato.
Il risparmio sugli enti locali
Una prima conseguenza della legge riguarda il risparmio sugli enti locali. Prima della legge Delrio, per le Province delle Regioni a Statuto ordinario i costi erano di 8,58 miliardi l’anno, scesi con il nuovo assetto a 1,524 miliardi: un bel risparmio a cui però si sommano i costi delle città metropolitano di 2,679 miliardi. In tutto si parla di 3,855 miliardi di risparmio, ma anche qui i problemi non mancano. Si parla, infatti, di un’abolizione delle strutture e questo potrebbe generare una vera e propria confusione amministrativa, con difficoltà burocratiche che indubbiamente porterebbero a un risparmio non molto consistente. In questi termini i risultati potrebbero essere scarsi. In ogni caso, secondo Delrio, si risparmierebbero due miliardi, anche perché sono ridotte le cariche politiche, a partire dai consiglieri provinciali.
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