Ogni anno negli allevamenti di tutto il mondo milioni di pulcini vengono tritati vivi, appena dopo la nascita, poiché considerati inutili ai fini della produzione di cane o uova. L’uccisione di pulcini negli allevamenti di polli avviene anche se gli animali sono feriti, e questo accade spesso dato che negli incubatori industriali gli animali vengono maneggiati in maniera brutale, al limite della tortura. E’ una pratica testimoniata di recente anche da diversi gruppi animalisti che hanno diffuso filmati realizzati in allevamenti intensivi italiani. Un esempio è il video che vi proponiamo in apertura, realizzato dall’associazione Essere Animali, che mostra l’interno di un incubatoio e la vita dei pulcini (ne vengono fatti nascere oltre un milione a settimana) che poi saranno allevati come polli da carne. L’appello lanciato ai consumatori è di scegliere un’alimentazione vegetale, sostenibile e amica degli animali, dato che la produzione industriale di carne si rivela essere un vero e proprio incubo per gli animali.
Gli animalisti denunciano che, come in ogni catena di montaggio, negli allevamenti intensivi i pulcini vengono trattati come oggetti, quindi maneggiati senza cura, torturati e, se feriti o non validi per la crescita, uccisi senza troppi convenevoli. Così avviene la produzione industriale di oltre 525 milioni di pulcini destinati ogni anno al mercato della carne. In definitiva, spiegano gli attivisti: “L’industria della carne racconta favole sul benessere degli animali. La produzione industriale di carne è invece un incubo per gli animali”.
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La verità, sottaciuta a lungo all’opinione pubblica internazionale, è emersa prepotentemente già da alcuni anni, dopo la diffusione di diversi video sul web in cui si denuncia quanto accade quotidianamente: al contrario di altri metodi crudeli scoperti ad esempio in Italia, quello della triturazione è legalmente consentito, al pari della gassificazione, in base a quanto stabilito dalle normative europee. Ciò non toglie che si tratti di un’assoluta barbarie, e come tale ha scatenato gli animalisti per chiedere uno stop alla crudele pratica
La battaglia degli attivisti, iniziata dopo la diffusione di un video sotto copertura realizzato nel 2009 dal gruppo Mercy for Animals in uno stabilimento dell’Iowa, sta facendo lentamente cambiare idea anche ai legislatori: infatti la Germania ha deciso di vietare dal 2017 la triturazione dei pulcini, avendo trovato un’alternativa grazie a un team di scienziati, un’avveniristica incubatrice che sarà in grado di determinare il sesso di ciascun uovo fecondato prima che il pulcino si sviluppi al suo interno. In questo modo quelle generatrici di pulcini maschi saranno rimosse, e le uova considerate inutili dall’industria del settore verranno utilizzate per altri prodotti senza essere più distrutte. La speranza è che l’innovazione tedesca possa fare da apripista ad un’abolizione in sede Ue dell’attuale normativa, che consente lo smaltimento dei pulcini maschi come se fossero oggetti senz’anima e non delle creature viventi. Anche perché c’è sempre meno gente che vuole lavorare triturando pulcini.
Se il destino dei pulcini maschi è terribile, poiché passano dall’incubatrice al tritacarne senza soluzione di continuità, in molti allevamenti le cose non vanno meglio alle loro sorelle, poiché viene loro tagliata la punta del becco con un apposito strumento per evitare che si feriscano, vivendo il resto della loro vita con terribili dolori. Inoltre altre investigazioni sul campo hanno dimostrato come spesso negli allevamenti intensivi le galline siano costrette a vivere in gabbie piccolissime senza spiegare le ali, ferendosi o subendo l’atrofizzazione degli arti, senza che gli allevatori ricorrano poi alle necessarie cure veterinarie. La necessità di sfamare quasi 8 miliardi di persone ha portato all’attuale situazione, in cui gli allevamenti e l’agricoltura intensiva stanno inesorabilmente uccidendo il pianeta e le creature che ospita, siano essi animali o piante: recuperare la nostra umanità, in tutta la filiera produttiva del settore alimentare, non è solo un dovere etico, ma una pratica fondamentale per garantire un futuro sostenibile alle prossime generazioni.
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