Pupi Avati di recente ha parlato del suo amico di vecchia data, Lucio Dalla. Fin qui tutto bene, se non fosse però che nel farlo ha citato la sua omosessualità, affermando che sarebbe stata una cura ormonale fatta da piccolo a “innescarla”. Come se l’orientamento sessuale fosse un qualcosa che può essere innescato da fattori esterni. Vale la pena riflettere sulle sue dichiarazioni.
Pupi Avati è uno dei registi italiani più famosi, conosciuti, amati. Ha firmato pellicole di successo come Una gita scolastica, che ha vinto ben due nastri d’argento (Migliore soggetto e Regista di miglior film), Storia di ragazzi e ragazze, che ne ha vinti altrettanti (Migliore sceneggiatura e, ancora una volta, Regista di miglior film), fino ad arrivare al più recente Lei mi parla ancora, che è stato candidato ai Ciak d’oro per la migliore regia, non a caso. Questi sono solo alcuni degli esempi dei suoi successi, attenzione, perché ce ne sarebbero centinaia di altri da menzionare, ma non basterebbe un pomeriggio per citarli tutti, quindi ci fermeremo qui.
Prima di arrivare al succo del discorso, dobbiamo fare una (doverosa) precisazione: essere un grande professionista non significa necessariamente essere un’ottima persona – lo abbiamo visto nei celebri casi di Harvey Weinstein, oppure Placido Domingo, entrambi accusati di molestie sessuali (nel primo caso confermatissime, tanto da portare a una condanna penale, ma non parleremo di questo) – ma neanche avere ottime idee. Non intendiamo di certo far rientrare Avanti nel primo caso, non abbiamo alcun elemento per affermare che sia così, ma nel secondo senza dubbio sì. Adesso capirete perché.
Il regista di recente ha parlato di Lucio Dalla in un’intervista rilasciata a La Stampa. Lo ha fatto perché tra pochissimi giorni – il 4 marzo precisamente – il cantante avrebbe compiuto 80 anni, ma è morto molto prima di poter festeggiare questo compleanno. E così ha deciso di farlo lui per lui, parlando di lui dettagliatamente. “Un gesto nobile”, penserete, “che amico”, direte, “questo sì che è vero affetto”, crederete. Ma aspettate un attimo prima di giudicare: non è tutto oro ciò che luccica.
Il racconto parte con un Dalla bambino e la scena descritta dal suo amico di vecchia data è quasi commovente: le sue parole ci permettono di raffigurare davanti ai nostri occhi un Lucio bambino, di soli 3-4 anni che canta, balla e salta sui palchi dei teatri di Bologna, con tanto di “frac e il cilindro in testa”. Un ragazzino prodigio insomma, richiestissimo, tanto da diventare la star di tutte le serate a cui prende parte nonostante la sua giovanissima età.
Poi troviamo un Lucio cresciuto, diventato adulto. Un Lucio portatore sano di mistero, ma anche di intelligenza superiore alla media. Un Lucio colto, quasi una sorta di “tuttologo”. Insomma troviamo un Lucio speciale, in tutto quello che fa, ma anche in ciò che è.
Nonostante ciò, il regista ha poi aggiunto: “A Lucio, nel periodo in cui suonavamo insieme, piacevano moltissimo le ragazze. Era un assatanato delle donne, era innamorato pazzo della sorella dell’impresario Cremonini. L’attrazione per il mondo femminile era in lui presente e inequivocabile. Poi, a un certo punto della sua vita, qualcosa cambiò”.
Avete mai sentito di uomini che, da ragazzini, hanno avuto fidanzate donne, per poi riscoprirsi omosessuali durante l’adolescenza, oppure anche dopo? Capita spessissimo: quando si è molto giovani – parliamo di ragazzi di 14, 15, ma anche 20 anni – non è sempre facile comprendere quale direzione prenderà la propria sessualità. Esistono uomini (e donne) che addirittura si sposano, fanno figli e poi anche a 40/50 anni rivelano il proprio reale orientamento. Saranno anche fatti loro (e al massimo della loro famiglia), no? E non è neanche necessario attingere dal mondo dello spettacolo per fare degli esempi, perché di certo sarà capitato a moltissime persone di vedere – oppure anche di vivere in prima persona – episodi simili.
Inoltre dobbiamo aggiungere che durante la scuola – in alcuni casi anche durante l’università – la paura dei pregiudizi, dei preconcetti, il timore di non sentirsi inclusi può essere talmente grande da impedire alla persona in questione – sia questa donna oppure uomo – di ammettere in primis a sé stessa e poi agli altri chi ama davvero. Siamo stati tutti adolescenti, preadolescenti, post-adolescenti, sappiamo cosa si prova a quell’età, quanto è difficile a volte già di per sé essere giovani, trovare una propria identità, conoscersi a fondo nel vero senso della parola. Non possiamo giudicare il modo in cui chi ci circonda – ma anche chi è molto lontano da noi – decide di affrontare la sua sessualità. Punto.
Alla fine Pupi Avati addirittura afferma di aver attinto dalla vera vita di Lucio Dalla nel suo film “Regalo di Natale”, risalente al 1986, quindi a circa 36 anni fa, che parla del “cambiamento di sessualità di uno degli amici”. E infatti è proprio così: tre vecchi amici – Ugo, Lele e Stefano – si incontrano la sera della vigilia di Natale (anche con altri due uomini) per giocare a poker e uno di loro confessa agli altri di essere omosessuale, nonostante abbia una relazione con una donna. Non è esattamente questo il caso di Dalla, ma evidentemente quello da cui ha preso spunto il suo amico è solo il suo orientamento.
A questo proposito, il regista ha poi ammesso: “Allora era diverso, non è come oggi, certe cose si vivevano con impaccio e imbarazzo. Lucio chiuse tutti i rapporti con le persone del prima, credo anche un po’ per quella ragione. È un problema che tutti noi amici abbiamo vissuto, io di sicuro. Con Lucio, in tutta la mia vita, ho parlato di qualunque cosa, tranne che di questo aspetto. Mai”.
“Le persone del prima”, sarebbero le persone del prima della cura ormonale? Perché se è così non ha molto senso questa affermazione. Magari Dalla semplicemente, dopo essere diventato famosissimo, cambiò vita, cambiò ambienti, cambiò giro di amicizie. Capita spesso agli artisti celebri, non sarebbe né il primo né l’ultimo a cui questo accade. Oppure magari si rese contro che non tutti erano capaci di accettare la sua vera essenza, aveva paura di non sentirsi accettato al 100%, di essere emarginato per la sua omosessualità, di cui non ha mai parlato apertamente, ma che tutti conoscevano.
Che poi, se lo stesso Lucio Dalla non ha voluto mai definire il suo orientamento esplicitamente, ci sarà stato un motivo. Magari non voleva essere incasellato in una “categoria”, oppure quantomeno non voleva farlo pubblicamente. In entrambi i casi, sarebbe stata una sua scelta, che andrebbe comunque rispettata in quanto tale, c’è poco da aggiungere, quindi oggi sindacare anche sul “perché” questo sia avvenuto – come se poi possa esserci un perché – è decisamente fuori luogo.
Ricordiamo che addirittura il suo funerale scatenò un putiferio infinito, perché ci fu chi definì ipocrita la Chiesa dal momento che aveva celebrato le esequie nonostante fosse a conoscenza della sua sessualità. E abbiamo detto tutto.
Il concetto però adesso è questo: come si può pensare nel 2023 che una cura ormonale possa aver inciso sulla sessualità di una persona? Non sappiamo se definirla ignoranza, chiusura mentale, pregiudizio. Fatto sta che la scienza parla ed è già abbastanza esaustiva di per sé, ma come può un uomo navigato come Pupi Avati ignorarla? Vi lasciamo con questo interrogativo, che in realtà ha una chiara risposta già sottintesa.
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