Il presidente della Federazione Russa Vladimir Putin torna a parlare di sanzioni e a minacciare Occidente ed Europa in particolare; stavolta l’attacco proviene dalla convention Eastern Economic Forum di Vladivostok.
Le nuove forti dichiarazioni del premier pietroburghese sono giunte nel corso dell’annuale forum economico internazionale di Vladivostok, incontro nato nel 2015 per promuovere l’estremo oriente della Federazione e favorire così gli investimenti esteri in quella parte di Russia.
Si fanno sempre più incalzanti le richieste del leader russo Vladimir Putin affinché vengano rimosse le sanzioni rivolte contro la Federazione Russa da buona parte delle democrazie liberali. Segno questo che dovrebbe far riflettere, specialmente i più critici, sull’effettivo impatto di queste misure economiche sul gigante euroasiatico.
Completamente dimentico del proprio modo di operare a livello internazionale, Putin si scaglia contro provvedimenti nati in risposta alla sua violenta e bellicistica visione del mondo, ma che egli invece fa calare dall’alto, come se fossero deliberate scelte prive di alcuna motivazione preliminare e al massimo motivate da un malcelato sentimento antirusso.
Ecco dunque che le sanzioni dell’Occidente divengono una minaccia per il mondo intero, soprattutto perché effettuate all’indomani di un lungo periodo di crisi innescato dalla diffusione del Covid-19 e di tutto quello che ne è conseguito a livello di misure economiche, sanitarie e finanziarie.
Gli Stati Uniti, ed il loro ancillare corteo europeo, avrebbero messo in campo una politica estera frenetica volta ad imporre tramite ricatti più o meno diretti, la propria visione di mondo a tutti gli stati del globo.
Conseguentemente si stritolerebbe economicamente la Russia con le sanzioni, si umilierebbe diplomaticamente la Cina visitando con delegazioni ufficiali Taiwan, si giocherebbe ad un odioso tira e molla con Paesi costretti all’isolamento come Iran e Corea del Nord.
Quindi Putin riconosce la destabilizzazione profonda che sta vivendo l’economia globale, però imputa quale causa di tutto questo l’Occidente ed il suo modo aggressivo di agire.
Eppure se Stati Uniti ed Europa hanno messo in campo misure di tal fatta lo si deve proprio a Putin: questi per primo ha destabilizzato l’equilibrio globale riportando la guerra in Europa, questi ha invaso militarmente una nazione sovrana dimostrando un atteggiamento aggressivo e sempre questi avvia e spegne le forniture di gas per provocare ribellioni interne ai Paese ostili.
Non bisogna del resto sorprendersene: la dialettica di guerra impone di velare le proprie atrocità, tramutandole se possibile in atti eroici di autodeterminazione, mentre si sottolineano ed esagerano le speculari malefatte della parte avversa, la quale naturalmente fa lo stesso a parti invertite.
Di conseguenza le sanzioni, per il leader del Cremlino, sono una scelta esclusivamente figlia dell’atteggiamento da dominatori del globo che gli U.S.A. si auto-attribuiscono dagli anni ’90. Le limitazioni economico-finanziarie infatti colpiscono in egual misura Russia ed Europa, ciò affinché queste zone non divengano troppo forti ed indipendenti dall’alleato (o padrone nell’ottica russa) d’oltremare.
Anzi le stesse sarebbero ancor di più dirette all’Europa, per mantenerla debole e così avvinghiata alla potenza a stelle e strisce: come altrimenti si spiegherebbe, prosegue Putin, il vertiginoso aumento dell’inflazione in UE, mentre in Russia il dato è in costante calo? Forse, ma questo il neo-zar non può dirlo, a cagionare la spirale inflattiva è stata proprio la politica di tagli e di speculazioni al rialzo sul prezzo degli idrocarburi attuata da Putin.
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