Vladimir Putin lancia una sfida all’Europa usando il gas russo come merce di scambio e tiene in scacco l’Eni. Lo ha fatto negli ultimi giorni da Ankara, durante la visita ufficiale in Turchia, annunciando la possibilità di bloccare la costruzione del gasdotto South Stream, progetto già in corso che dovrebbe portare dal 2018 il gas in Europa centro-meridionale passando dalla Bulgaria, senza attraversare l’Ucraina. “L’Europa continua a ostacolare il progetto”, ha spiegato il capo del Cremlino, specificando che “se continua così porteremo il nostro gas altrove”, leggi Cina e Turchia. A rincarare la dose è arrivato anche Alexej Miller, Ceo di Gazprom: “Il progetto è finito“, le sue parole. La prima vittima della minaccia russa è stata proprio la Saipem, società di ingegneria controllata da Eni, che si era aggiudicata la costruzione delle prime due linee e che è ancora al lavoro. Non è arrivato uno stop ufficiale, fanno sapere dalla società italiana, ma intanto il titolo è crollato in Borsa.
Putin è stato piuttosto chiaro. Le obiezioni dell’Unione Europea alla realizzazione del gasdotto South Stream sono troppe, la Russia non vuole perdere tempo, anche perché dalla Bulgaria non è ancora arrivato il lasciapassare: da qui la minaccia di sospendere la costruzione e di dirottare le politiche energetiche russe su altri paesi. Non a caso, lo stesso Putin ha annunciato un nuovo accordo con il premier turco Recep Tayyip Erdogan per aumentare le forniture alla Turchia a 3 miliardi di metri cubici, passando dal gasdotto Blue Stream, realizzato sempre da Saipem. C’è poi un nuovo progetto per un gasdotto da realizzare lungo il confine greco-turco per portare il gas russo al Sud Europa (quindi anche l’Italia).
La minaccia ha avuto finora, come unica conseguenza, il crollo di Saipem, crollata in Borsa: Eni ha invece resistito al colpo, ma se la situazione d’incertezza dovesse continuare gli effetti sarebbero evidenti.
La stessa Saipem naviga a vista. In una nota, la società ha dichiarato di non aver avuto alcuna comunicazione formale di interruzione, per cui “l’attività operativa è in corso”e che in ogni caso “le modalità di interruzione dei lavori e di eventuale cancellazione sono disciplinate contrattualmente”.
La minaccia di Putin ha però avuto un altro effetto, quello di svegliare l’Europa dal lungo sonno russo. L’Unione al momento importa il 30% del gas dalla Russia. Uno stop potrebbe mettere in difficoltà l’approvvigionamento ed è per questo che Kristalina Georgieva, vicepresidente dell’esecutivo europeo, ha confermato quanto “sia importante per l’Unione diversificare le fonti energetiche per non essere dipendenti solo dalle importazioni di gas russo”.
Molti operatori del settore non credono che Putin bloccherà realmente i lavori del gasdotto South Stream e che la decisione sia arrivata per sbloccare le sanzioni UE contro la Russia per la questione ucraina. Ne è certo, per esempio, Mikhail Khodorkovsky, il magnate del petrolio condannato a 10 anni di carcere per aver sfidato il numero uno del Cremlino. “Non penso che sia una decisione definitiva perché le soluzioni alternative non hanno senso da un punto di vista economico”, ha detto a questo proposito.
Al momento, la scelta non sembra preoccupare le istituzioni politiche nostrane, impegnate a garantire solidità alle grandi aziende dell’energia italiana come Eni ed Enel. Lo stesso Matteo Renzi, dall’Algeria dove era in visita ufficiale, ha chiarito che “il progetto South Stream era fortemente contestato e condizionato dalla procedura di infrazione UE, un progetto che noi non consideriamo fondamentale per l’Italia, quindi la decisione di bloccarlo non è un elemento di preoccupazione”. Quello che interessa sono le “scelte strategiche con la Russia, i Paesi dell’Est e i Paesi africani, così come l’amicizia strategica che ci lega all’Algeria e porta l’Eni e l’Enel a essere realtà importanti”, ha specificato il premier.
Per ora, l’Europa si è limitata a dire che non è mai stata contro South Stream. “Abbiamo solo detto che deve rispettare le regole UE”, ha dichiarato la portavoce del vicepresidente della Commissione energia Maros Sefcovic, confermando il prossimo incontro sul gasdotto del 9 dicembre. Bisognerà solo capire se le minacce di Putin saranno reali e che conseguenze avranno a livello europeo e italiano.
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