In commissione Giustizia al Senato, oggi, Carlo Nordio, il Guardasigilli del governo di Giorgia Meloni, ha esposto il programma che vorrebbe attuare. L’ex magistrato, ora esponente di Fratelli d’Italia, si è soffermato sulle intercettazioni, che necessitano di “una profonda revisione”, ma ha anche parlato della separazione delle carriere dei pm e dei giudici, argomento molto caro anche a Silvio Berlusconi.
Il ministro della Giustizia, poi, ha parlato del Pnrr, del garantismo, della riforma del processo civile e penale, delle condanne, dei reati minori. Nordio ha anche detto che vorrebbe modificare l’abuso di ufficio, perché delle tante persone che finiscono sotto processo, sono poche quelle che poi vengono effettivamente condannate.
Carlo Nordio, attuale ministro della Giustizia del governo di Giorgia Meloni, è stato uno degli uomini su cui la prima presidentessa del Consiglio donna della storia della Repubblica italiana ha più puntato i piedi con i suoi alleati, specialmente con Silvio Berlusconi che, per il ruolo di Guardasigilli, voleva uno dei suoi, più precisamente avrebbe voluto l’ex presidentessa del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati.
Alla fine ha avuto ragione, la leader di Fratelli d’Italia, perché magari ancora non si sta lavorando per cambiare la legge Severino, quella che ha inibito il Cavaliere dal tornare in politica dopo la condanna definitiva del 2013 – e ci sarà tempo per farlo, nel caso -, ma oggi quello che ha detto in commissione Giustizia a Palazzo Madama, ovvero il programma che ha in mente, ricalca quello che è da sempre il pensiero, e soprattutto la volontà, del presidente di Forza Italia.
E infatti si è partiti da un presupposto fondamentale: il garantismo, richiamato in più parti, ma specialmente si basa su due dei capisaldi della visione di Berlusconi: la riforma dell’istituto delle intercettazioni e la separazione delle carriere dei magistrati.
“Una profonda revisione“, ha detto il ministro, è quello che serve e che si farà per quanto riguarda il mezzo della ricerca delle prove. “Vigileremo in modo rigoroso sulla loro diffusione“, ha assicurato Nordio, perché talvolta le intercettazioni hanno una “diffusione pilotata” e diventano uno “strumento micidiale di delegittimazione personale e politica” e soprattutto sono un “pericolo per la riservatezza e l’onore delle persone“.
Stando ai dati in suo possesso, “in Italia il numero di intercettazioni telefoniche, ambientali, direzionali, telematiche, fino al trojan e un domani ad altri strumenti, è di gran lunga superiore alla media europea, e ancor più rispetto a quello dei paesi anglosassoni“. Oltre a un abuso (quasi) dello strumento, c’è da tenere conto anche il loro costo, perché, ha spiegato, vengono spesi “centinaia di milioni di euro all’anno” e spesso “si fanno sulla base di semplici sospetti, e non concludono nulla“.
A questo proposito, ha detto ancora, “non si è mai vista una condanna inflitta sulla solo base delle intercettazioni“, che si sono trasformate, tra l’altro, in uno “strumento di prova, come tale assai fragile“. Non solo, si deve anche aggiungere che molto spesso vengono diffuse prima che siano concluse le indagine, violando così il segreto istruttorio. Un cambiamento deve essere quindi fatto anche in quel senso, con un'”ispezione che sarà immediata e rigorosa“.
Poi l’affondo ai suoi ex colleghi, i magistrati appunto, perché “non ha senso che i pm appartengano allo stesso ordine dei giudici. Svolgono un ruolo diverso“, ha precisato.
Non solo, perché a servire, per Nordio, è anche “una riforma del codice penale per adeguarlo al dettato costituzionale e una completa attuazione del codice Vassalli“. Una riforma che deve essere “garantista e liberale” che passa solo “per gli aspetti più sensibili con una revisione della Costituzione“. Per quanto riguarda, i processi, entro giugno del 2023, il ministero attuerà “tutti gli atti regolamentari necessari per l’effettiva applicazione delle disposizioni contenute nei decreti legislativi attuativi“.
Tra le criticità espresse e che dovranno essere cambiate c’è anche quella che riguarda le carceri, di cui si segue “con grande dolore la sequenza dei suicidi” e che da via Arenula, ha spiegato Nordio, ci “si sta attivando con pressante energia per limitare i tagli nella manovra di bilancio e devolvere al settore eventuali risorse disponibili“.
Non è, però, l’unico modo per salvaguardare le prigioni, c’è anche la presunzione di innocenza che “è stata e continua a essere vulnerata in molti modi” perché “l’azione penale è diventata arbitraria e quasi capricciosa“. Per esempio, la custodia cautelare, così come le intercettazioni, è uno “strumento di pressione investigativa che porta allo snaturamento dell’informazione di garanzia, diventata condanna mediatica anticipata e persino strumento di estromissione degli avversari politici“, ha detto ancora il ministro.
Ecco, secondo il Guardasigilli, la carcerazione preventiva ha in sé un grande paradosso, considerato lacerante, perché tanto è facile oggi entrare in prigione prima del processo, da presunti innocenti, quanto è facile uscirne dopo la condanna, da colpevoli conclamati“. La custodia cautelare che confligge con la presunzione di innocenza non può essere “demandata al vaglio di un giudice singolo“, ma sarebbe “più ragionevole sarebbe spostare la competenza dal Gip a una sezione costituita presso la Corte d’Appello, con competenza distrettuale. Avremmo l’enorme vantaggio di una maggiore ponderatezza della decisione e anche di omogeneità di indirizzo” ha proposto.
E poi, la “certezza e rapidità della pena non significano tuttavia sempre e solo carcere“. Sia perché il numero delle condanne non è compatibile con la capienza del sistema carcerario, “ma proprio perché la consapevolezza di questa incompatibilità orienta il magistrato a una condanna puramente cartacea, che rimane ineseguita – ha spiegato -. Fermo restando che questo problema può e deve essere risolto attraverso un potenziamento delle strutture, e comunque quando la libertà del reo può suscitare un pericolo per l’incolumità pubblica e privata“.
Il ministro della Giustizia ha parlato anche dell’abuso d’ufficio enumerando dati allarmanti. Dei 5400 procedimenti del 2021, sono nove si sono conclusi con condanne di fronte al giudice per le indagini preliminari, e 18 in dibattimento, quasi una trentina in totale. Anche questi processi, ha detto, “hanno un costo in termini di risorse umane e materiali insostenibile“.
Un cenno è stato fatto sui reati minori: “La moderna criminologia ci ammonisce che sotto l’aspetto afflittivo, preventivo e rieducativo esistono sanzioni assai più efficaci di una detenzione puramente virtuale“, ha osservato Nordio, evidenziando che “in termini giuridici e razionali è meglio la concreta esecuzione di una pena alternativa, che faccia comprendere al condannato il disvalore della sua condotta, piuttosto che la platonica irrogazione di una pena detentiva cui faccia seguito la sua immediata liberazione“.
L’esponente di Fratelli d’Italia vorrebbe cambiare le cose anche perché così come stanno rappresentano un freno all’economia oltre che un disincentivo agli investimenti, e comportano una perdita del Pil pari al 2%. In ogni caso, un ammodernamento si sta avendo grazie al Piano nazionale di ripresa e resilienza, con i cui obiettivi siamo in linea. Tra i diktat, ovviamente, la digitalizzazione e la rivoluzione tecnologia che “avverranno sotto lo strettissimo controllo della riservatezza dei dati sensibili presso i rispettivi uffici giudiziari. Questo è un punto che ci sta molto a cuore“.
L’ultimo appello lanciato dal ministro Nordio è sulla rapida convocazione delle Camere per eleggere i membri laici del Consiglio superiore di magistratura, il Csm, “che è stata differita sine die. Un organo costituzionale così delicato non può restare sospeso“.
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