Nello stesso giorno – oggi -, la maggioranza di centrodestra e le opposizioni (a volte non tutte) hanno deciso di stare dalla stessa parte. Lo hanno fatto nel condannare la vignetta del Fatto quotidiano che metteva alla berlina la sorella della presidentessa del Consiglio, Giorgia Meloni, anche moglie del ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, che è finito nel tritacarne per aver parlato, ha detto lui per ignoranza, di sostituzione etnica, e lo hanno fatto per quanto riguarda i festeggiamenti del 25 aprile, ma non è stato così semplice.
Nel primo caso, quasi per ironia della sorte, a indignarsi per primo è stato il presidente del Senato, Ignazio La Russa, che altro non è se non la persona a cui, in maniera indiretta, è rivolta la mozione che le opposizioni unite hanno presentato a Palazzo Madama per impegnare i senatori a adottare le iniziative necessarie per “le commemorazioni delle date fondative della nostra storia antifascista si svolgano nel rispetto della verità storica condivisa e possano, solo così, essere terreno fertile per il mantenimento e la costruzione di un’identità collettiva e del senso di appartenenza a una comunità” e che tutti, perfino Fratelli d’Italia, hanno appoggiato.
Ecco, il partito della premier, nella seconda circostanza, ha tenuto a precisare che va bene commemorare il giorno della Liberazione, così come anche la festa dei lavoratori e quella della Repubblica, però è impossibile vivere come se fossimo nel 1944, ovvero quando l’Italia era ancora occupata dalle truppe naziste e il fantasma di Benito Mussolini non erano ancora svanito del tutto, anzi.
Il punto è che per quanto siano passati decenni, nello specifico 78 anni, da quando il nostro Paese è stato liberato, per le esternazioni degli ultimi tempi, nello specifico quella della seconda carica dello Stato che più volte è stata presa di mira dai parlamentari delle opposizioni e non solo ed è stata accusata di revisionismo storico sulla Resistenza, è giusto ricordare l’importanza della ricorrenza, come tra l’altro aveva detto anche la senatrice a vita Liliana Segre nella prima seduta della nuova legislatura in cui, ancora per una strana ironia della sorte, è stato eletto come presidente dell’aula La Russa.
E in effetti, nel merito dei festeggiamenti del 25 aprile dall’aula di Palazzo Madama non hanno votato tutti insieme. Se per la mozione delle opposizioni c’è stato un plebiscito, non si può dire la stessa cosa per quella presentata dal centrodestra, che assieme alla festa della Liberazione (e in cui si è scordata di citare la parola antifascismo), vuole omaggiare anche il 17 marzo come giorno dell’Unità d’Italia, il 4 novembre per la festa delle Forze armate, il 10 febbraio per la giornata del ricordo del massacro delle foibe, il 27 gennaio, il 9 novembre per la caduta del muro di Berlino, e il 18 aprile, ovvero la prima volta in cui ci furono le libere elezioni dopo la caduta del Duce.
Non solo, però, perché la maggioranza ha preso avvio da quel rogo di Primavalle del 16 aprile del 1973, in pieni anni di piombo, in cui degli estremisti di sinistra si erano accaniti contro dei missini, così che, ancora, si condanni anche il comunismo, non solo il fascismo e il nazismo. E quindi è stata lotta in aula, contestazioni e il solito botta e risposta in cui, appunto, le opposizioni hanno votato contro la mozione.
È il capogruppo del Pd, Francesco Boccia, a parlare e a spiegare cosa non andava: “Non pensavamo che voi intendevate presentare una mozione diversa, perché sulle parole di Liliana Segre e di Sergio Mattarella pensavamo vi ritrovaste. C’era una parte giusta e una sbagliata e a via Rasella i partigiani stavano dalla parte giusta e chi non pronuncia mai la parola ‘antifascista’ svilisce la memoria”. Ed è un altro capogruppo, ancora di Fratelli d’Italia, Lucio Malan, a rispondere condannando chi nelle manifestazioni del 25 aprile ha protestato contro la Brigata ebraica, e ha denunciato “il pretesto” della mancanza della parola antifascista per non votare la risoluzione della destra.
Poi c’è la vignetta, che poco c’entra con il fascismo, c’entra, però, con il buon gusto, e la decenza, richiamata dal presidente dei senatori, e anche da Meloni che, su Facebook, è andata (come è giusta che sia) in difesa della sorella Arianna, sollecitando un intervento anche da parte delle altre forze politiche, che vogliono trasparenza per quanto riguarda il 25 aprile, e allo stesso tempo devono volerne quando una persona che di fatto è estranea agli ambienti politici viene tirata in ballo.
Quella ritratta nella vignetta è Arianna. Una persona che non ricopre incarichi pubblici, colpevole su tutto di essere…
Pubblicato da Giorgia Meloni su Giovedì 20 aprile 2023
E la solidarietà è arrivata, da Azione, con il leader Carlo Calenda, da Italia Viva, con Maria Elena Boschi, e dal Partito democratico, in cui magari non si è spesa, come si auspicava il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, la segretaria Elly Schlein, ma in cui in tanti hanno gridato al sessismo per l’immagine che oggi è apparsa sul giornale diretto da Marco Travaglio che no, non si è scusato, ma anzi ha detto che non è colpa sua se gli altri non capiscono le battute – sarebbe carino, in effetti, capire quali sono queste battute, però.
Su un altro argomento, decisamente più divisivo, almeno secondo alcuni punti di vista, le opposizioni non hanno votato alla stessa maniera (non sul decreto legge Cutro al Senato, che è comunque passato per pochi voti, e tutti della maggioranza del centrodestra), sull’emendamento presentato dall’alleanza Verdi e Sinistra, e appoggiata anche dal MoVimento 5 stelle, sul termovalorizzatore di Roma.
Proprio ieri, e dopo giorni di silenzi, la nuova leader dei dem si è sbilanciata su quello che sarà – ed era utile considerato che l’amministrazione comunale della Capitale è in mano a Roberto Gualtieri, che è del Pd, e perché proprio su questo tema si è rotta l’alleanza con i pentastellati di Giuseppe Conte per le elezioni del 25 settembre.
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