Quando si parla di prostituzione minorile, il pensiero va subito spesso agli uomini che sfruttano le ragazzine per rapporti sessuali a pagamento. Non si pensa, invece, ad un altro risvolto della faccenda: quando sono i minorenni che intrattengono relazioni con le donne adulte. Una questione, anche questa, che non manca di suscitare scandali e polemiche, nonostante, a livello mediatico, non abbia molta risonanza, come nel caso, ad esempio, delle baby squillo a Roma. Eppure a livello giuridico ci sono degli aspetti che non possono essere trascurati, così come colpisce il fatto che dei ragazzini di 13 o di 14 anni “decidano” di cercare una donna, disposti a pagare, in cambio di sesso.
Sesso a pagamento: sempre di quello si tratta, ma ad essere “baby” non sono le prostitute, quanto i clienti. Non ci si può nascondere dietro le barriere, facendo finta di nulla, perché anche queste vicende accadono e costituiscono fenomeni sociali da non sottovalutare. Un’Italia che fu? Non crediamo: anche i clienti minorenni delle prostitute adulte fanno parte dell’attualità.
Le motivazioni
Si potrebbero interpellare esperti in psicologia e sociologia, per trovare tutte le sfumature motivazionali di un comportamento che per certi versi stupisce. Senza dubbio però, almeno da parte dei ragazzini, c’è il desiderio di sentirsi più grandi. Se è una dimostrazione di “forza”, non è rivolta soltanto nei confronti di loro stessi, ma anche fra i membri del gruppo. Esperienze che si compiono per sentirsi e mostrarsi “più vissuti” agli occhi degli altri. Ci si potrebbe chiedere fino a che punto influiscano, in questo senso, quei modelli che la società propone e che insistono tutti sull’adulto, relegando sempre più ai margini il mondo dell’infanzia.
E’ pur vero che in alcuni casi si tratta di una consuetudine. Ci vengono in mente gli (antichi?) retaggi del padre che offre la possibilità al figlio minorenne di usufruire per qualche volta di una donna disposta a introdurlo nell’età adulta. E’ difficile indagare su un fenomeno di questo genere, che appartiene alla vita privata delle persone, ma non è detto che siamo in presenza di un’abitudine del tutto esaurita con il cambio generazionale e con il mutamento dei tempi.
Il caso di Biancaneve
Biancaneve era il nome di una prostituta, che è stata arrestata nel 2002 a Roma dai carabinieri, perché accusata di aver avuto rapporti con minorenni. La donna aveva 32 anni e abitava nel quartiere di Centocelle. Ogni pomeriggio un gruppetto di ragazzini, tra i 12 e i 14 anni, si riuniva sotto le finestre della sua abitazione. Gli stessi vicini si sono preoccupati, fino a quando una telefonata anonima ha messo in allerta le forze dell’ordine, che hanno cominciato ad indagare, scoprendo così il giro di prestazioni sessuali, che la donna offriva dietro il pagamento di una somma di 20 euro.
Quando i carabinieri hanno fatto irruzione nella casa di Biancaneve hanno trovato un ambiente tutto rosa, con pupazzi di peluche sparsi ovunque. Biancaneve offriva quasi un “rifugio” adatto ai baby clienti, i quali, se vogliamo indagare per ciò che riguarda le motivazioni psicologiche, si ritrovavano in una situazione da adulti, però con dei segni esteriori tipicamente infantili, probabilmente capaci di rassicurarli.
Gli aspetti giuridici
La legge italiana punisce chi sfrutta la prostituzione minorile. Il tutto si configura come un reato previsto dall’articolo 600 bis del Codice Penale. Rientrando tra i delitti contro la persona. Il primo comma afferma chiaramente: “Il reato è consumato da chiunque induca o sfrutti la prostituzione di un soggetto minore degli anni diciotto”. Nel terzo comma è prevista un’aggravante, qualora l’età della vittima sia minore dei 16 anni. L’arresto è obbligatorio nel caso stabilito dal primo comma, mentre è facoltativo per il terzo. Come pena, si prevede la reclusione da 6 a 12 anni e una multa che va da 15.493 euro a 154.937 euro, nell’ipotesi prevista dal primo comma. Se il soggetto sfruttato ha un’età inferiore ai 16 anni è prevista la reclusione da 2 a 5 anni in più.
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