Il rapporto tra Chiesa e denaro è quanto mai delicato, anche perché sempre più spesso il voto di povertà sembra fare a pugni con i beni del Vaticano. Una delle domande che ricorre più spesso quando si tocca l’argomento è quanto guadagna il Papa. Il Pontefice ha un doppio ruolo: è il capo della Chiesa Cattolica ed erede di San Pietro, ma è anche un capo di Stato (il Vaticano è pur sempre una teocrazia). Come tale, viaggia per il mondo, incontra presidenti e reali, governa la più piccola nazione del mondo e, come tutti i leader politici, dovrebbe essere pagato. Il suo vero “lavoro”, se così lo vogliamo chiamare, rimane però quello religioso a cui dedica tempo e denaro. È il vertice assoluto della chiesa a livello spirituale e materiale, è lui che coordina la gerarchia ecclesiastica e le dà la direzione in base alla sua visione dottrinale ed è sempre lui ad avere (almeno in linea teorica) l’ultima parola in fatto di finanze. Una mole di lavoro enorme per una sola persona che per di più viene svolta gratis: il Papa infatti non percepisce alcuno stipendio. È davvero così? Vediamolo.
L’arrivo di Papa Francesco al soglio pontificio è stato rivoluzionario, tra le altre cose, anche sotto l’aspetto delle retribuzioni di cardinali e prelati. Bergoglio ha infatti imposto tagli agli stipendi, termine improprio visto che, sulla carta, nessun membro di Sacra Romana Chiesa viene pagato per quello che fa. Tra le mura vaticane si preferisce usare la parola “remunerazione” per indicare quanto prendono i prelati di ogni ordine e livello gerarchico.
Il primo a indagare sugli stipendi della Chiesa fu il Messaggero in un servizio di Franca Giansoldati dell’aprile 2014. Secondo quanto riportato dal quotidiano romano, si va dai mille euro netti mese per i preti fino ai 3mila per vescovi: per Joseph Ratzinger, Papa emerito, si è fissata una rendita di 2.500 euro. Ci sono poi le pensioni (c’è un fondo del clero all’Inps), le retribuzioni degli insegnanti di religione e degli ordinari militari (che, tra l’altro, vanno in pensione con il grado di generale), nonché gli stipendi dei funzionari vaticani e il mantenimento di una macchina statale che copre missioni in tutto il mondo. Infine, c’è l’opera di carità della Chiesa, il vero scopo a cui dovrebbe tendere l’operato degli ecclesiastici. Da dove arrivano i soldi?
Il primo canale è l’8xmille. Gli ultimi dati del Dipartimento delle Finanze sui redditi 2012, ripartiti nel 2016, indica che l’80 percento del totale va alla Chiesa Cattolica per una cifra finale di 1,011 miliardi di euro. A questi si aggiungono le donazioni dei fedeli, singoli ed enti: il totale è più che cospicuo. Di tutti questi soldi, al Papa non spetta nulla. Il Pontefice non ha infatti uno stipendio ma può attingere all’Obolo di San Pietro. Di cosa si tratta?
L’Obolo di San Pietro è “l’aiuto economico che i fedeli offrono al Santo Padre, come segno di adesione alla sollecitudine del Successore di Pietro per le molteplici necessità della Chiesa universale e per le opere di carità in favore dei più bisognosi“, come si legge sul sito del Vaticano.
È in pratica un fondo, nato con il cristianesimo delle origini e perfezionato nel VIII secolo dai fedeli anglosassoni (“dopo la loro conversione, si sentirono tanto legati al Vescovo di Roma, che decisero di inviare in maniera stabile un contributo annuale al Santo Padre”, specifica il sito).
Qui vengono raccolte le donazioni che tutti i fedeli possono fare in ogni momento dell’anno (sempre sul sito è riportato l’iban) e in particolare il 29 giugno, festività di SS Pietro e Paolo, o la domenica più vicina (nel 2016 si è tenuto il 26 giugno). Sono soldi che gestisce direttamente il Papa per le sue necessità e per le opere di carità, anche se, negli anni più recenti e con la crisi finanziaria che ha colpito lo Ior, sono stati usati per coprire i buchi delle finanze vaticane. Nel 2013, complice l’arrivo di Papa Francesco e di una rinnovata passione dei fedeli per il Pontefice, l’Obolo ha raccolto 78 milioni di euro.
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