La questione ha inizio il 9 ottobre scorso, quando il sultano Recep Tayyip Erdogan ha condotto delle prime offensive contro l’organizzazione del YPG, L’Unita di Protezione popolare a guida curda stanziato sul confine nord della Siria, considerata braccio armato del PKK, organizzazione paramilitare che lotta per l’autonomia del popolo curdo. Le intenzioni del sultano sono chiare, eliminare la presenza curda nel territorio, da sempre considerata una minaccia nazionale, e creare una sorta di zona di sicurezza nel territorio siriano, dove collocare tutti gli sfollati curdi presenti sul territorio turco. L’avanzata dell’esercito turco trova le sue ragioni dallo scioglimento delle forze americane presenti sul territorio siriano.
Infatti il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, lo scorso dicembre, dichiarando conclusa la campagna in Medio Oriente e la conseguente sconfitta dell’Isis, abbandona, di fatto, il conflitto. Tuttavia il 14 ottobre da Washington arrivano pesanti sanzioni nei confronti dei ministeri della Difesa e dell’Energia turchi e un aumento dei dazi sull’acciaio turco, in risposta alle offensive in territorio siriano. A seguito delle sanzioni degli Stati Uniti a carico della Turchia, il 17 ottobre il sultano Erdogan e il vice-presidente Usa Pike Pence arrivano ad un accordo di cessate il fuoco della durata di 5 giorni. La tregua stabilita per permettere alle forze americane di evacuare la presenza curda dalla Turchia nella zona di sicurezza, di fatto non viene rispettata, così continua la guerriglia nella regione. Inoltre le sanzioni emesse dagli Stati Uniti verranno revocate al trascorrere delle 120 ore di tregua, una vittoria per le forze di Ankara.
Le forze curde, d’altro canto, ritrovandosi da sole ad affrontare le offensive turche, scendono a compromessi con l’altro avversario, Damasco. Infatti dalla pugnalata alle spalle inflitta dagli alleati americani, nasce una nuova alleanza con la Siria, che sancisce la fine della separazione politica interna del territorio. Il 13 ottobre viene firmato l’accordo con Bashar al-Assad, che prevede un dispiegamento delle forze siriane al confine per scoraggiare sortite turche. Questa nuova alleanza getta terreno fertile per l’entrata in scena della Russia, legata a doppio filo con Damasco. Il leader russo Putin, a questo punto, entra prepotentemente nel conflitto, infatti la Russia, come unica potenza straniera capace di dialogare con tutte le forze in campo, approfitterà per far valere il proprio peso nelle sorti della regione. Il 22 ottobre si svolgerà un vertice tra i capi di stato di Russia e Turchia per decidere le sorti della regione autonoma curda del Rojava, luogo degli scontri dei combattenti curdi contro truppe di Ankara.
Non stupisce, quindi, lo scenario che ci si trova davanti, che era quasi inevitabile, d’altronde troppo a lungo la vicenda si è protratta negli anni senza una vera soluzione. Infatti la questione curda trova la sua origine dopo la sconfitta dell’impero ottomano nella prima guerra mondiale e la conseguente ripartizione a tavolino delle popolazioni della regione tra il Tigri e l’Eufrate, da parte degli stati occidentali. Nel 1920 con il trattato di Serves si decretò la creazione dello stato curdo, impegno che viene disatteso 3 anni più tardi con il trattato di Losanna, che sancì gli odierni confini della Turchia.
Il popolo curdo, da allora, diventa il gruppo etnico più ingente privo di uno Stato vero e proprio. Analizziamo qualche dato numerico per inquadrare il contesto. La popolazione curda è formata dai 30 ai 40 milioni di individui, la maggior parte insediata nella regione del Kurdistan, che si trova al crocevia dei confini di Turchia, Siria, Iran e Iraq. Ma un’importante presenza si riscontra in Europa soprattutto in Germania e nella regione della Scandinavia. La presenza curda nello scenario Medio Orientale si spartisce, tra i paese coinvolti, nelle seguenti percentuali: dal 18% al 20% in Turchia, il 15-20% in Iraq il 10% in Iran e il 9% in Siria.
Va da sé che la complessità della questione trae origine dalla densità sociale di matrice curda che risiede nelle regioni del Medio Oriente. Infatti nel territorio continue tensioni sociali vengono a formarsi dato il complesso reticolo sociale ed etnico esistente, che deriva dalla convergenza delle esigenze degli attori in causa, i quali anelano a sentimenti nazionalisti, rivendicazioni delle risorse e affermazioni politiche inconciliabili gli uni con gli altri. Comunque sia la questione curda non accenna a placarsi nell’immediato futuro, anzi siamo davanti ad un nuovo capitolo di questa triste faccenda, che conta un numero drastico di vittime innocenti.
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