Quota 100: l’INPS comunica i dati relativi al 2019. Si contano 380 mila pensionati con età media di 63 anni e 39,6 di contributi.
L’INPS ha comunicato i dati relativi al pensionamento dei lavoratori nel corso dell’anno 2019. Per l’anno di riferimento, si sono conteggiati 380 mila pensionati, con età media di 63 anni e dotati di 39,6 anni di contributi.
Quota 100: i dati comunicati dall’INPS
Nel 2019, sono stati 380 mila i lavoratori che hanno lasciato il lavoro per andare in pensione. Età media 63 anni con un’anzianità contributiva pari a 39,6 anni di contributi. In gran parte, sono andati in pensione i soggetti di genere maschile, seguendo la riforma approvata dal primo governo Conte.
Nello specifico, il 31% di essi ha lavorato nel settore pubblico, il 49% da quello subordinato privato e il 20% da quello autonomo. Chi percepiva un reddito medio-alto ha deciso di andare in pensione in anticipo.
Dopo tre anni dall’entrata in vigore di Quota 100, dunque, si iniziano a tirare le somme e a capire che effetti ha avuto sul mondo delle pensioni. Si sono registrate 482 mila domande al 31 dicembre 2021, anche se ne sono state accolte 380 mila. Le restanti risultati giacenti e 63 mila di esse, invece, sono state respinte.
Pertanto, gli italiani che sono andati in pensione sono stati, precisamente, 379.860, in prevalenza uomini. Nel 49% dei casi, si trattava di lavoratori subordinati del privato, il 31%, invece, era legato ai lavoratori del comparto pubblico e il 20% a quello autonomo.
La misura sfruttata maggiormente al nord Italia
Considerando i dati, estrapolando i valori sul piano assoluto, il regime è stato utilizzato principalmente dai residenti in nord Italia, rispetto a coloro che vivono al centro e al sud. Se diamo uno sguardo all’incidenza percentuale, invece, il Mezzogiorno ha ottenuto più pensionati che hanno fatto leva su Quota 100.
L’età media, come vi anticipavamo, è di 63 anni e gli anni di contribuzione ammontano a 39,6 in totale. In sostanza, i lavoratori, tendenzialmente, lasciano il lavoro in anticipo se hanno le condizioni per farlo, secondo le osservazioni su tale tendenza, effettuate dall’Istituto.
Nei fatti, l’anticipo, in generale, è di due anni e tre mesi. Una tempistica che è molto importante, visto che incide sull’assegno mensile che si ottiene una volta andati in pensione.
Per ogni anno di anticipo c’è, infatti, una riduzione del 4,5% per i lavoratori autonomi, per i dipendenti privati, invece, la percentuale è del 3,8%, mentre sale a 5,2% quella per i dipendenti pubblici. Se l’anticipo non supera un anno, allora la quota viene calcolata tenendo come riferimento l’importo medio della pensione anticipata stabilito nell’anno 2018.