Standing Ovation è il nuovo programma del venerdì di Rai Uno, una prima serata in perfetto stile Antonella Clerici. I protagonisti sono coppie – costituite da un ragazzo tra gli 8 e i 17 anni e da uno dei suoi genitori – che si sfidano in una gara canora dal meccanismo di voto un po’ particolare. Da un lato c’è una giuria composta da tre grandi nomi della canzone italiana – Nek, Loredana Bertè e Romina Power – che assistono alle esibizioni senza poter vedere le reazioni del pubblico in studio per non esserne condizionati; dall’altro, il pubblico, per l’appunto, che attraverso una standing ovation stabilisce quanti punti andranno ad aggiungersi a quelli assegnati dalla giuria a ciascuna coppia.
Ancora una volta ritroviamo dunque Antonella nazionale alle prese, e perfettamente a proprio agio, con un talent che vede al centro piccoli (potenziali) talenti. Impossibile non essere colti da déjà-vu: l’atmosfera del programma, tutta paillettes e lustrini, richiama senza ombra di dubbio quella di Ti lascio una canzone, aggiungendo – tra l’altro – una certa nota melodrammatica in più. Già, perché la maggior parte delle coppie protagoniste ha alle spalle storie non facili: c’è, per esempio, un papà che ha un passato segnato da problemi di droga, un papà non vedente, un altro che ha lasciato la propria bambina quando era piccola per ricostruirsi una nuova famiglia.
Il tutto, per non farci mancare nulla spingendo l’acceleratore sulla commozione, viene condito con qualche momento alla Carramba che sorpresa! come quando, nella seconda puntata, la coppia costituita da Angelica e mamma Stefania riceve a sorpresa in studio la visita di nonna Nina.
Insomma, Standing Ovation non ci fa vedere nulla di nuovo: varia il meccanismo di voto, ma è chiaro che la sostanza non cambia. E non ci risparmia di certo (anzi!) quell’eccesso di buonismo da cui sono tradizionalmente affetti non pochi dei programmi della rete ammiraglia Rai. Tuttavia – proprio per queste caratteristiche – assolve al suo compito: è un programma perfettamente in target, coerente con la sua collocazione palinsestuale. Non fa altro che seguire la scia dei suoi predecessori di successo, inserendosi nel solco del già visto, ma – ed evidentemente questo è quello che più conta (purtroppo) – collaudato.