[didascalia fornitore=”ansa”]Ratko Mladic[/didascalia]
Rakto Mladic è stato condannato all’ergastolo in primo grado per genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità dal tribunale penale internazionale ONu dell’Aja per i crimini nell’ex Jugoslavia (ICTY). L’ex comandante serbo, che guidò l’esercito dal 1992 al 1996, è stato riconosciuto colpevole di genocidio per il massacro di Srebrenica in quello che fu uno dei più gravi episodi di pulizia etnica in Europa dal Secondo dopo guerra. Dopo la condanna a Radovan Karadzic, ora arriva anche quella per il macellaio di Bosnia, sfuggito alla giustizia durante 16 anni di latitanza: l’ex generale è stato riconosciuto colpevole di 10 degli 11 reati di cui era accusato, tra cui due capi d’accusa di genocidio, cinque di crimini contro l’umanità e quattro di crimini di guerra, tutti relativi alla pulizia etnica in Bosnia. Mladic, presente in Aula a sorpresa, ha iniziato a urlare che “erano tutte bugie” ed è stato allontanato per permettere la lettura della sentenza. “Mladic è l’incarnazione del Male”, ha commentato il responsabile dei diritti umani delle Nazioni Unite, Zeid Raad al-Hussein.
Fino alla fine, l’ex generale serbo ha avuto un atteggiamento di sprezzo nei confronti dei tanti parenti delle vittime, arrivate all’Aja per assistere alla sentenza. Mentre entrava in Aula, si è rivolto alle telecamere con un ampio sorriso e facendo il gesto del pollice in alto, e per tutta la durata dell’udienza è apparso tranquillo e rilassato.
[didascalia fornitore=”ansa”]Mladic in Aula prima della sentenza[/didascalia]
Quando è iniziata la lettura della sentenza, ha dato in escandescenza e il suo avvocato ha chiesto di abbreviare i tempi della lettura per i suoi problemi di pressione: la Corte è però andata avanti, ordinandogli di uscire. Nel confermare la condanna, il giudice Alphons Orie ha dichiarato che i crimini di Mladic “sono tra i più atroci noti all’umanità e includono il genocidio e lo sterminio”.
Noto come il boia dei Balcani, Mladic, oggi 74enne, era a capo dello forze serbo bosniache dal 1992 al 1996, durante la guerra civile e la pulizia etnica che seguirono la disgregazione dell’ex stato jugoslavo.
[didascalia fornitore=”ansa”]Parenti delle vittime di Srebenica in Aula[/didascalia]
Oggi, dopo oltre vent’anni, è stato riconosciuto colpevole del massacro di Srebrenica, definito dalla Corte genocidio, termine contestato da Belgrado, avvenuto dal 6 al 25 luglio 1995, quando tra gli 8mila e i 10mila ragazzi e uomini musulmani di ogni età, dai 20 ai 70 anni, vennero portati via dalle loro case, separati dalle donne e bambini, uccisi e gettati nelle fosse comuni: il riconoscimento dei corpi va avanti ancora oggi, con le famiglie che ancora aspettano di ricevere i resti dei loro cari e dar loro degna sepoltura.
L’ICTY lo ha riconosciuto colpevole di crimini contro l’umanità e di guerra, confermando il suo ruolo da protagonista in quella che è stata riconosciuta come un’associazione criminale nata per eliminare la popolazione non serba dalla Bosnia. Tra i capi d’accusa, anche quelli relativi alle operazioni di pulizia etnica, stupri singoli e di massa, il bombardamento e gli attacchi contro i civili nell’assedio di Sarajevo che portarono alla morte di diecimila civili, la presa in ostaggio di personale ONU nel tentativo di impedire i bombardamenti aerei della Nato.
L’unica accusa che non gli è stata riconosciuta è quella genocidio per i massacri compiuti nei comuni bosniaci fuori da Srebrenica. Il Tribunale ha stabilito che quei massacri sono dei crimini contro l’umanità, ma non genocidi perché le vittime non rappresentavano una parte sostanziale della popolazione musulmana bosniaca, come invece a Srebenica.
La Corte ha poi respinto le attenuanti richieste dalla difesa e ha stabilito che, all’epoca dei fatti era in pieno possesso delle facoltà mentali e godeva di ottima salute.
Mladic è stato uno dei latitanti più ricercati al mondo prima del suo arresto nel 2011 nella Serbia settentrionale, venendo trasferito all’Aja per rispondere dei suoi crimini davanti al Tribunale Onu. Qui si è prima rifiutato di difendersi, per poi dichiararsi non colpevole: durante tutta la durata del processo, iniziato ufficialmente nel maggio 2912, ha avuto atteggiamenti sprezzanti verso la Corte e verso i parenti delle vittime, spesso presenti alle udienze.