L’acqua in Emilia Romagna continua a far paura. Si cerca di salvare il salvabile ma a soffrire maggiormente sono soprattutto i campi e le coltivazioni. C’è però da segnalare come, a Ravenna, siano stati proprio gli agricoltori a salvare il centro storico.
Il sacrificio dei loro campi e dei loro raccolti che, stando alle prime stime, non potranno riprendere se non prima di tre anni. Vediamo insieme qual è la situazione.
Una situazione ai limiti dell’impossibile. L’acqua, arrivata in quantità più che copiosa, non ha portato con sé giovamento, ma solo morte e distruzione. Le immagini dell’alluvione in Emilia Romagna parlano da sole: campi distrutti, coltivazioni perdute, e tantissimi, fra agricoltori ed aziende agricole che non hanno più nulla o che non esistono più.
Il Governo sta mettendo in campo una serie di iniziative e, soprattutto, dei fondi, per poter far rialzare la testa e permettere a chi ha perso tutto di ricominciare, ma nulla sembra facile. tantissimi sono stati i gesti di solidarietà, non solo per la popolazione sfollata ma, anche, per il mantenimento del centro storico di alcune città che, altrimenti sarebbero andate distrutte.
Una su tutte Ravenna. Sono stati gli stessi soci delle cooperative agricole a scegliere di deviare il corso di un canale, che ha poi allagato le loro aziende e le loro colture, pur di preservare dall’acqua stessa il centro storico della città e salvare monumenti e storia. Tagliare un argine, cambiare il corso dell’acqua e permettere così di invadere, non il centro storico, ma i loro stessi frutteti, i loro campi, le loro aziende.
Sfumare i sacrifici di generazioni intere, ma salvare il patrimonio bizantino della città: “Non potevamo tirarci indietro se, per un drammatico scontro tra acqua e terra, Ravenna era a un passo dall’essere sommersa” – ha raccontato, in un’intervista a “Repubblica”, Lino Bacchilega, direttore della coop locale di agricoltori Cab Ter.Ra.
Una scelta dolorosa sì, ma anche presa in piena consapevolezza da parte di tutti. “Ci siamo guardati negli occhi, ma sapevamo già che un rifiuto sarebbe stato una vergogna imperdonabile” – ha dichiarato Bacchilega. Se da un lato ci sono i campi e le colture, che rappresentano una fonte di sussistenza per tantissimi, dall’altro lato c’è la città, in piedi da secoli, che non può andare distrutta.
Quanto servirà per far tornare tutto come prima? Impossibile calcolarlo e farne una stima precisa, ma di certo, affermano le aziende, non prima dei tre anni sarà possibile riprendere il tutto a pieno regime. “Solo per i raccolti dell’anno, in media, 2 mila euro a ettaro. Il totale supera 1,3 milioni, senza contare i costi per sistemare i terreni nei prossimi anni” – descrive il direttore Bacchilega, riferendosi proprio alle stime economiche di tutto ciò che le aziende e i singoli agricoltori hanno perso in questa settimana di piogge incessanti.
“Protezione civile e i volontari che da giorni, dormendo poco o nulla, stanno facendo il possibile per farci uscire da questo incubo: sono loro i veri eroi” – è il ringraziamento che, invece, fa il presidente della Cab Te.ra, Fabrizio Galavotti.
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