Reddito minimo per i poveri anche in Italia. Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti parla del piano del governo Renzi per l’inclusione sociale e l’assistenza economica per un milione di indigenti. In un’intervista a Repubblica il ministro spiega quali sono le categorie aventi diritto, quanti sono i soldi a disposizione e quali gli obiettivi a lungo termine.
Chi ha diritto al reddito minimo?
Il reddito minimo previsto è di circa 320 euro al mese e spetterà a un milione di poveri con minori. Quella di avere dei figli sarà condizione necessaria, ma solo all’inizio: Poletti garantisce infatti che l’obiettivo è quello di coinvolgere gradualmente tutti coloro che vivono al di sotto della soglia di povertà, circa 4 milioni di italiani. Il ministro parla di “cambiamento radicale” visto che in Italia ci sarebbe il primo istituto unico nazionale “per sostenere le persone in condizione di povertà”. “Vogliamo dare a tutti la possibilità di vivere dignitosamente”, afferma. Insieme al reddito minimo le famiglie avranno la possibilità di partecipare a un percorso di inclusione sociale: “Abbiamo sempre concentrato gli interventi sul versante dell’assistenza, sul trasferimento passivo. Ora facciamo di più: parallelamente al trasferimento monetario, le istituzioni prenderanno in carico ciascuna persona in condizioni di povertà per la sua inclusione sociale. Dietro questa misura c’è un’idea di società”.
Quanti sono i soldi a disposizione?
Queste le tappe legislative: la scorsa settimana il governo ha approvato il disegno di legge delega; entro sei mesi si attendono i decreti attuativi; la riforma dovrebbe diventare ufficiale tra un anno, nel 2017. Grazie ai 600 milioni stanziati nella legge di Stabilità 2016 i primi interventi potranno partire però già nei prossimi mesi.
Tagli e finti poveri, i due punti interrogativi
I 600 milioni destinati al reddito minimo saranno soldi freschi o il frutto di tagli in altri istituti assistenziali? Uno specchietto per le allodole, insomma, con i cittadini che a fine mese nel portafogli si ritroverebbero sempre la stessa cifra? Poletti garantisce che “i trattamenti in essere non saranno toccati”, ma che “faremo un’analisi e puntiamo a una riorganizzazione anche delle prestazioni non per fare cassa ma per equità”.
Seconda questione, non meno importante. Come si fa a essere sicuri che il salario minimo non andrà ai soliti furbetti? Domande più che lecite nel Paese dei finti poveri, dove il tasso di evasione fiscale è alle stelle. Il ministro assicura che l’Isee (indicatore della situazione economica) è stato migliorato e che gli evasori sono diminuiti: “Se prima il 78 per cento dichiarava di non avere conti correnti bancari o postali oggi questa percentuale è calata al 18″. Poi però mette le mani avanti e invita i cittadini alla responsabilità: “Al governo e al Parlamento spetta fare le riforme ma poi ci sono le persone, ciascuno deve prendersi una parte di responsabilità. Chi riceverà l’assegno dovrà impegnarsi contestualmente, come già accade nelle città che stanno sperimentando il sostegno per l’inclusione attiva, a mandare i figli a scuola e ad accettare possibilità di lavoro. Pensiamo a un coinvolgimento anche delle associazioni del volontariato”.
Pensioni, salario minimo e lavoro autonomo
Poletti ha trattato altri argomenti caldi. Sulle pensioni ha confermato l’impegno del governo a “verificare e ragionare sul capitolo delle flessibilità in uscita”. Sulla legge sul salario minimo legale è in attesa che sindacati e Confindustria trovino un accordo. Sul lavoro autonomo: “Penso anche che le innovazioni tecnologiche possono da una parte bruciare posti di lavoro, ma dall’altra renderci più liberi nel lavoro”. Per ora, infine, niente sgravi fiscali per il lavoro da casa, “ma non mi pare di poco conto che l’assicurazione Inail un tempo legata alla fabbrica o all’ufficio si estenderà alle attività svolte da casa con il tablet”.