Il terzo quesito del referendum che si terrà il prossimo 12 giugno, intitolato “separazione delle funzioni dei magistrati”, prevede l’abrogazione della possibilità di passaggio da una funzione all’altra all’interno di uno stesso ordine giudiziario.
Dunque il terzo quesito, cioè quello con la scheda gialla, del referendum del 12 giugno è forse il più lungo e complesso tra tutti.
L’obiettivo per chi sceglierà il sì è quello di impedire ai magistrati italiani di passare dalla funzione di pubblico ministero a quella di giudice. Quindi il magistrato sarà obbligato a dover scegliere definitivamente quale strada intraprendere, sin dall’inizio della sua carriera.
Ai cittadini si chiede di decidere se questa separazione delle funzioni dei magistrati debba avvenire o meno. Si tratta di un quesito complesso, non solo perché il suo testo è composto da ben 7500 caratteri, ma anche perché, se vincesse il sì dovrebbero essere abrogate una serie di norme, contenute in ben 5 testi di leggi diversi.
Va detto in realtà che la possibilità di cambiare funzione per i magistrati italiani è già da tempo molto diminuita, a causa di alcune restrizioni che sono state imposte in passato.
Infatti a partire dal 2006, grazie alla riforma dell’ordinamento giudiziario dell’ex ministro Roberto Castelli, i giudici non posso più diventare pm e viceversa, all’interno del territorio della stessa regione.
Inoltre in base alla riforma Cartabia, già approvata dalla Camera e in attesa di approvazione del Senato, il limite di passaggi di funzione può essere di massimo 4, esercitabili nei primi 10 anni di carriera.
Dunque, come riportato da il Fatto Quotidiano, dal 2006 fino al 2021, i giudici passati alla funzione di pm sono stati circa 19 all’anno, mentre i pm diventati giudici circa 21 all’anno. Numeri abbastanza modesti.
Coloro che sono favorevoli al sì, sostengono che la separazione delle funzioni dei magistrati assicurerebbe maggiormente l’imparzialità delle figure durante i processi, dando vita “ad un sano e fisiologico antagonismo tra poteri“, elemento ritenuto essenziale per un efficiente sistema democratico.
Al contrario, chi è sfavorevole a questa separazione dei poteri, sostiene la tesi che la possibilità di passare da una funzione ad un’altra incentivi e garantisca il corretto e funzionale svolgimento di entrambe le cariche. Dunque sia quella di pm che quella di giudice.
Se vincesse il sì, il rischio sarebbe soprattutto quello di trasformare i pubblici ministeri in “avvocati della polizia”, ponendoli sotto l’influenza del governo e facendoli perdere quindi la loro autonomia.
In ogni caso a prescindere dai risultati di questo referendum, va ribadito che i passaggi di funzione sono molto diminuiti nel corso degli anni, dunque in parte questa separazione è già avvenuta.
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