Referendum articolo 18 della Cgil bocciato dalla Corte Costituzionale

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La Corte Costituzionale ha bocciato il referendum sull’articolo 18 promosso dalla Cgil. La decisione è arrivata al termine della camera di consiglio che ha dichiarato inammissibile il quesito che proponeva la cancellazione delle norme del Jobs Act in materia di licenziamenti illegittimi, che prevedono il pagamento di un indennizzo invece del reintegro sul posto di lavoro. Via libera invece ai referendum su voucher e responsabilità solidale in materia di appalti.

La proposta dei referendum è partita dalla Cgil che a luglio aveva raccolto e depositato in Cassazione 3,3 milioni di firme. Dopo l’ok da parte della Corte di Cassazione, che il 9 dicembre aveva giudicato ammissibili i tre quesiti, la palla è passata alla Consulta che si è espressa l’11 gennaio.

Bocciato il quesito sull’articolo 18

La Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il solo quesito sull’Articolo 18, che non potrà quindi essere ripristinato tramite consultazione popolare. La decisione auspicata da Confindustria. Il presidente Vincenzo Boccia settimane fa aveva lanciato l’allarme, affermando che l’incertezza sulla sopravvivenza della norma del Jobs Act avrebbe potuto causare uno stop alle assunzioni.

Via libera agli altri due quesiti

La Consulta si è invece espressa favorevolmente sugli altri due quesiti. Il primo riguarda la cancellazione dei voucher erogati dall’Inps per pagare i lavori occasionali. I buoni lavoro, introdotti per combattere il nero, hanno invece alimentato il precariato a causa di datori di lavoro truffaldini che hanno cominciato a utilizzarli per retribuire tutti i tipi di prestazioni lavorative, mascherandole da occasionali. Motivo per cui la Cgil, che però li ha a sua volta utilizzati a Bologna, facendo esplodere un caso, ne ha chiesto l’abolizione. Il quesito rischia comunque di decadere se il governo dovesse apportare le modifiche ai voucher promesse. A decidere sull’eventuale decadimento del quesito referendario sarebbe comunque l’Ufficio centrale per il referendum della Cassazione. Via libera anche all’altro quesito, quello riguardante l’abrogazione delle leggi che limitano la responsabilità di appaltatore e appaltante in caso di violazioni ai danni del lavoratore.

Camusso: “Valuteremo ricorso a Corte Europea”

Dopo la decisione della Consulta è arrivata la conferenza stampa di Susanna Camusso. La segretaria generale della Cgil ha commentato: “Valuteremo le motivazioni della Corte e la rispettiamo ma siamo convinti che questa battaglia vada continuata, quindi la continueremo nelle forme che la contrattazione e la legge ci permettono. Noi siamo convinti che la libertà dei lavoratori passi attraverso la loro sicurezza e quindi continueremo la nostra iniziativa per ristabilire i diritti. Abbiamo notato in questi giorni che c’è stato un dibattito intenso sui quesiti referendari che, a nostra memoria, non ci ricorda precedenti di analoga quotidiana pressione rispetto a come si sarebbe dovuto decidere”. La Camusso ha dichiarato che il sindacato valuterà se ricorrere alla Corte Europea per l’inammissibilità al quesito sull’articolo 18, e ha annunciato l’inizio di “una campagna elettorale grande e impegnativa” sugli altri due quesiti. Sui voucher: “Sono uno strumento malato e da azzerare”, e il loro utilizzo dovrebbe “presupporre l’esistenza di un contratto”. Sul caso Bologna ha minimizzato: “La Cgil utilizza in voucher l’equivalente di tre persone e mezzo all’anno”, secondo i dati Inps.

Legale Cgil: “Soddisfatti per l’ok a due quesiti”

Vittorio Angiolini, legale che ha rappresentato la Cgil, ha commentato così: “Siamo molto soddisfatti del risultato relativo ai referendum sui voucher e sulla responsabilità appaltante-appaltatore. Il primo in particolare è di estrema importanza e riguarda una vasta platea di persone. Ora sui voucher è necessario che il governo appronti modifiche sostanziali, con la tracciabilità dei voucher c’era già stato un intervento correttivo che però non è stato sufficiente. Sull’articolo 18 prendiamo atto e rispettiamo la decisione della Corte Costituzionale, aspettando di conoscere le motivazioni nella sentenza, non appena sarà depositata”.

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