La vittoria del sì al referendum costituzionale è destinata a modificare profondamente la struttura del nostro Parlamento. Si passerà dagli attuali 945 a 600 membri, con un taglio degli eletti complessivo pari al 36,5%. L’approvazione definitiva è arrivata lo scorso ottobre, con il via libera della Camera (il testo della riforma costituzionale era già stato approvato nella seconda votazione al Senato l’11 luglio 2019). La vittoria del sì al referendum conferma la riforma. Ora saranno necessari circa due mesi per ridisegnare i collegi.
A quali risparmi porterà il taglio di 345 parlamentari? Stando all’opinione di chi si è espresso sempre a sfavore della riforma, la riduzione dei costi sarebbe soltanto dello 0,007%. Secondo i 5 Stelle invece, che della riforma hanno sempre fatto il proprio fiore all’occhiello, la spuntatina al numero dei parlamentari porterebbe a un risparmio di circa 500 milioni di euro a legislatura, pari a 100 milioni annui.
Come cambieranno i numeri all’interno delle due camere? Alla Camera il numero dei deputati passerà da 630 a 400. Ridotto anche il numero degli eletti all’estero: dagli attuali 12 a un massimo di 8. A seguito della modifica costituzionale cambierà anche il numero medio di abitanti per ciascun parlamentare eletto: per la Camera dei deputati il rapporto aumenterà dagli attuali 96.006 ai futuri 151.210.
I senatori invece passeranno da un totale di 315 a 200. Anche qui ridotto il numero degli eletti all’estero, da 6 a 4. Il numero medio di abitanti per ciascun senatore passerà da 188.424 a 302.420. La riforma individua un numero minimo di tre senatori per Regione o Provincia autonoma, lasciando immutata la previsione vigente relativa alle rappresentanze del Molise (2 senatori) e della Valle d’Aosta (1 senatore). Viene però previsto, per la prima volta, un numero minimo di seggi senatoriali riferito alle Province autonome di Trento e di Bolzano.
La riforma andrà a modificare infine anche l’articolo 59 della Costituzione, fissando il numero massimo di senatori a vita che non potrà in alcun mondo essere superiore a 5, chiarendo finalmente un equivoco che andava avanti dall’inizio della storia della Repubblica, a causa del testo suscettibile di diverse interpretazioni. L’articolo modificato recita così: “Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Il numero complessivo dei senatori in carica nominati dal Presidente della Repubblica non può in alcun caso essere superiore a cinque“.
La riduzione dei parlamentari, dispone la riforma, ha effetto dalla data del primo scioglimento o della prima cessazione delle Camere successiva alla data di entrata in vigore della legge costituzionale e, comunque, non prima che siano decorsi sessanta giorni. La previsione del termine di sessanta giorni è volta a “consentire l’adozione del decreto legislativo in materia di rideterminazione dei collegi elettorali“, che attualmente sono così suddivisi: per la Camera dei deputati sono 232 collegi uninominali e 63 collegi plurinominali; per il Senato 116 collegi uninominali e 33 collegi plurinominali.
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