Una delle voci del referendum costituzionale, indicate chiaramente anche nel quesito, riguarda l’abolizione del CNEL, cioè il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro. La riforma Boschi cancella l’articolo 99 della Costituzione, quello in cui è previsto e vengono indicate le sue funzioni, portando così alla scomparsa di un ente spesso messo sotto accusa come inutile e costoso. Lo smantellamento è in corso da tempo ed è stato uno dei tasselli della politica del governo Renzi fin dal suo insediamento, prendendolo come simbolo della cattiva gestione (soprattutto economica) della cosa pubblica. La dismissione ha avuto un’accelerata nel 2015, quando l’approvazione del ddl Boschi ha chiarito che la soppressione era prossima, ma l’ente rimane ancora attivo perché inserito e previsto nella Costituzione e quindi eliminabile solo con un intervento nel testo della Carta.
L’abolizione del CNEL fa parte del ddl Boschi, già approvato in Parlamento ma che deve essere ratificato dal referendum. Come già per le Province, la sua abolizione può essere completa e reale solo con l’eliminazione dal testo della Costituzione ed è per questo che la riforma prevede l’abolizione dell’articolo 99.
CHE COS’È IL CNEL
Il CNEL, o Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, è organo di rilievo costituzionale, previsto all’articolo 99, nato il 5 gennaio 1957 per dare consulenza tecnica al Parlamento in temi economici. Ha anche facoltà di promuovere disegni di legge, presentare cioè un testo da fare approvare (con le opportune modifiche) alle Camere: nella sua storia ha usato questo potere 14 volte (ma il Parlamento non le ha considerate) e ha dato pareri in 96 occasioni. È composto da 64 consiglieri: 10 sono nominati dal Presidente della Repubblica e dal Presidente del Consiglio (rispettivamente 8 e 2) scelti tra “esperti, qualificati esponenti della cultura economica, sociale e giuridica“, 48 sono “rappresentanti delle categorie produttive di beni e servizi nei settori pubblico e privato” di cui “22 rappresentanti dei lavoratori dipendenti, tra i quali 3 rappresentano i dirigenti e i quadri pubblici e privati, 9 rappresentanti dei lavoratori autonomi e delle professioni, 17 rappresentanti delle imprese“; 6 sono “rappresentanti delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni del volontariato“. Restano in carica 5 anni e possono essere riconfermati.
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LE RAGIONI DEL SI’
Il CNEL è stato da subito del mirino di Matteo Renzi come simbolo degli sprechi della politica. Il segretario dem non è il solo ad averlo definito un “ente inutile”, visto che è un mantra della politica nostrana che si ripete da anni: nessuno però aveva proposto la sua cancellazione con così forza, sostengono i comitati del sì al referendum. Il CNEL non è solo un simbolo, è uno spreco di soldi pubblici continuo: in oltre 50 anni di attività, ricordano i sostenitori del sì, ha prodotto 14 disegni di legge (mai prese in considerazione dal Parlamento) e dato 96 pareri con un costo medio di 20 milioni l’anno. Da quando la riforma costituzionale è passata, sono state ridotte le spese, molti consiglieri si sono dimessi e non sono stati sostituiti e l’attività è stata limitata. In tutto questo però è rimasto il premio di produttività: votare per il sì significa abolirlo, votare no significa mantenerlo, con rischi di aumenti dei costi.
LE RAGIONI DEL NO
Dire che il no al referendum significa voler mantenere il CNEL significa svuotare il senso della battaglia costituzionale che gli oppositori alla riforma Boschi stanno facendo. È questo il nodo centrale di chi sostiene le ragioni del no: non si nega che l’abolizione del CNEL sia positiva, non si nega nemmeno che abbia funzioni politiche e istituzionali tali per cui la sua esistenza è fondamentale per la vita democratica. Quello che si contesta è l’inserimento dell’abolizione di un ente inutile in una riforma più complessa e generale. “Bastava una leggina costituzionale mirata, che non avrebbe dato luogo a polemiche“, si legge nel manifesto del no. Il fatto che l’abolizione del CNEL sia positiva non cambia il giudizio negativo sulla riforma.
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