“Garantire ai cittadini l’accesso agli strumenti di partecipazione popolare”. È questa la richiesta unanime degli otto dirigenti del Partito dei Radicali Italiani, Riccardo Magi, Michele Capano, Antonella Soldo, Emma Bonino, Marco Cappato, Roberto Cicciomessere, Filomena Gallo e Gianfranco Spadaccia capeggiati da Emma Bonino, rivolta al presidente del Consiglio Renzi e alla ministra delle Riforme Boschi tramite una lettera aperta. Consapevoli da sempre della grande importanza delle forme di democrazia diretta, quali il referendum popolare abrogativo e propositivo, gli esponenti radicali sottolineano come l’attuale riforma costituzionale, che va a modificare anche questa materia, non consideri il problema delle procedure che ostacolano la raccolta delle firme e quindi non garantisce una partecipazione popolare ampia.
“La vostra riforma costituzionale premia con un abbassamento del quorum chi riesce a raccogliere 800mila firme invece di 500mila ed eleva da 50mila a 150mila le sottoscrizioni necessarie a promuovere leggi di iniziativa popolare, a fronte della garanzia per queste dell’esame da parte della Camera. Ma, ignorando il vero problema, cioè le procedure che ostacolano la raccolta delle firme, la riforma continua a muoversi sulla linea dell’avversione che, per oltre 60 anni, i partiti di potere e di governo hanno dimostrato nei confronti delle forme di democrazia diretta che il Costituente aveva previsto a integrazione della democrazia rappresentativa”, si legge nella lettera (qui il testo integrale)
“La riforma inoltre non sfugge al sospetto che l’innalzamento delle firme miri a precludere definitivamente alle minoranze il ricorso a questi strumenti, riservandolo solo a forze politiche, sociali e sindacali dotate di una organizzazione capillare”, proseguono.
I radicali chiedono che il governo si impegni a emanare una legge ordinaria che rimuova tutti i possibili ostacoli all’esercizio della democrazia diretta. Le soluzioni proposte dal partito della Bonino sono diverse: “la possibilità di sottoscrivere online referendum e leggi popolari attraverso la propria identità digitale (SPID); l’ampliamento della platea degli autenticatori (oggi pressoché inaccessibile ai movimenti che non dispongano di una ramificata rappresentanza elettorale nelle istituzioni locali o di grandi risorse finanziarie); l’abolizione dell’obbligo di certificazione delle firme a carico dei promotori”, come chiarisce l’appello.
Se il governo rispondesse favorevolmente a questo loro appello, concludono, “sarebbe un segnale di apertura nei riguardi di tutti i cittadini” che creerebbe “le condizioni per l’effettiva riconquista degli strumenti di partecipazione popolare” e “dimostrerebbe la volontà del governo di rispondere in maniera nuova, concreta ed efficace alle domande di partecipazione e di democrazia che vengono dal paese”.