Intervistato su Rai3 da Fabio Fazio nella puntata di domenica 13 novembre di “Che tempo Che fa”, il premier Matteo Renzi è tornato a parlare della sua permanenza al governo in caso in cui la riforma costituzionale venisse bocciata durante la consultazione referendaria del 4 dicembre.
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Renzi non ha risposto apertamente alla domanda diretta del conduttore sulle sue possibili dimissioni (“La politica non è l’unica cosa che conta nella vita”), ma scherzando ha sottolineato che non vuole rifare l’errore che gli è stato imputato da più parti, cioè di aver personalizzato la consultazione referendaria. Si è dichiarato però incapace di rimanere in politica senza poter effettivamente poter cambiare e riformare il Paese: “Io non sono in grado di restare nella palude. Uno sta al potere finché può cambiare. Se dobbiamo lasciare le cose come stanno vengano altri che son bravi a galleggiare”.
Stesso concetto lo ha ribadito in un’altra intervista la mattina del 14 novembre, questa volta ai microfoni di Radio MonteCarlo:
“Vince il sì, così la smettiamo di parlare di cosa faccio. Mettiamola così: io ho 42 anni, considero un privilegio aver servito il paese per due anni, se devo stare in Parlamento a vivacchiare, a galleggiare non sono adatto, posso farlo solo se posso cambiare il Paese”.
Ha parlato poi del voto “antisistema” che potrà far pendere molto l’ago della bilancia verso la vittoria del No: “E’ un dato di fatto, ma al referendum chi è l’antisistema? Chi difende i rimborsi dei consiglieri, i super stipendi dei senatori, i professoroni che con una super pensione criticano la riforma o un gruppo di persone che provano a cambiare il Paese”. Renzi ha ribadito di non rappresentare il sistema con il suo governo, anzi, “lo non sono tra quelli che per 30 anni potevano cambiare e se ne sono allegramente disinteressati e ora sono tornati più per tornare al potere che per altro. Se vince il Sì ci sono meno posti della politica e la politica si semplifica, se vince il No per la politica resteranno l’instabilità, gli inciuci, gli accordicchi”. Ha ribadito infine che il voto al referendum costituzionale del 4 dicembre “non è un voto sulla mia simpatia o antipatia ma sul Paese. Chi vota no per antipatia rifletta, il voto non è un dispetto a me”.