Se c’è una figura su cui le polemiche sono continue e bipartisan è quella dei senatori a vita, ma con il referendum costituzionale potrebbero cambiare. Per molti sono l’esempio classico degli sprechi della politica: paghiamo profumatamente delle persone che molto spesso non sono quasi mai in Senato. Per di più non si tratta di politici di professione, almeno per quelli di nomina presidenziale: nella storia della repubblica si sono susseguiti studiosi, letterati, scienziati, personalità del mondo accademico che “hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”, come recita l’articolo 59 della Costituzione. Tra gli altri, ricordiamo Don Luigi Sturzo (1952-59), Eugenio Montale (1967-81), Eduardo De Filippo (1981-84), Gianni Agnelli (1991-2003) e Rita Levi-Montalcini (2001-2012). Con la riforma Boschi la loro figura cambia: vediamo come.
Prima di vedere come cambieranno i senatori a vita, facciamo un breve ripasso della situazione attuale. I senatori a vita sono previsti dalla Carta costituzionale all’articolo 59 che recita:
“È senatore di diritto e a vita, salvo rinunzia, chi è stato Presidente della Repubblica.
Il Presidente della Repubblica può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario.”
CHI SONO GLI ATTUALI SENATORI A VITA
I senatori a vita sono di due tipi: gli ex inquilini del Quirinale, che eventualmente possono rinunciare, e cinque di nomina presidenziale. In teoria, ogni Presidente potrebbe scegliere cinque persone per nominarle senatori a vita, ma la giurisprudenza corrente ha preferito l’interpretazione del numero massimo di nomine complessive.
I senatori a vita sono così chiamati perché rimangono membri di Palazzo Madama fino alla loro morte e sono equiparati in tutto ai colleghi eletti, stipendio compreso. In entrambi i casi è possibile rinunciare alla nomina.
Nella storia della repubblica ci sono state solo due rinunce: Arturo Toscanini e Indro Montanelli. Il primo fu scelto da Luigi Einaudi nel dicembre nel 1949 e rinunciò perché troppo anziano (“È un vecchio artista italiano turbatissimo dal suo inaspettato telegramma che si rivolge a lei”, scrisse nel telegramma il maestro) e per coerenza, visto che viveva da tempo all’estero dove si era recato dopo le leggi razziali promulgate dall’Italia fascista.
Il secondo fu indicato da Francesco Cossiga nel 1991: come era nel suo stile, il giornalista disse no. “Non è stato un gesto di esibizionismo, ma un modo concreto per dire quello che penso: il giornalista deve tenere il potere a una distanza di sicurezza. Purtroppo, il mio credo è un modello di giornalista assolutamente indipendente che mi impedisce di accettare l’incarico”, scrisse al Capo dello Stato.
Cosa cambia con la riforma costituzionale
La riforma cambia totalmente la figura del senatore a vita intervenendo sull’articolo 59 che viene così sostituito:
“Il Presidente della Repubblica può nominare senatori cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario. Tali senatori durano in carica sette anni e non possono essere nuovamente nominati”.
In pratica, scompare la figura del senatore a vita di nomina presidenziale: sarà ancora il Capo dello Stato a sceglierli ma il loro incarico sarà al massimo di 7 anni. Rimangono invece senatori a vita di diritto gli ex presidenti della Repubblica e quelli già in carica e nominati con l’attuale articolo 59.
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