“Voto Sì al referendum”, questa la posizione espressa a proposito del referendum costituzionale da Walter Veltroni, primo segretario politico nazionale del Partito Democratico, ospite da Lilli Gruber nella puntata del 15 novembre di Otto e mezzo su La7.
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Il suo quindi è un netto schieramento per il Sì, anche se si è detto lontano dal “clima da guerra civile” che sì è creato sul referendum.
Le sue ragioni: “Io voterò a favore della riforma costituzionale, per tre motivi: c’è bisogno di innovare una bellissima costituzione come la nostra. Poi, sono molto angosciato dalla crisi della democrazia, crisi in primo luogo di capacità di decisione, che vede una tendenza a tenere tutto com’è. Infine, temo l’instabilità politica che potrebbe aprirsi se dovesse vincere il NO, perché un momento di instabilità sarebbe molto pericoloso per l’Italia. Non penso che questa riforma sia la panacea di tutti i mali, ma penso che sia la scelta che favorisce l’innovazione. E poi diciamocelo, se non passa la riforma, se ne riparlerà tra tanti anni”.
Veltroni ha commentato anche il sostegno al No di D’Alema e Bersani, dichiarandosi non sorpreso. “Quando si parla di costituzione penso sia legittimo avere idee diverse. Ma mi piacerebbe che tutto venga gestito molto meglio”, si augura Veltroni.
L’intervista a Otto e mezzo è stata anche l’occasione per parlare non solo del voto sul referendum costituzionale del 4 dicembre, ma anche di questioni politiche nazionali e internazionali.
“Quando sento dire Trump, Le Pen e poi sento citare Grillo, penso sia una semplificazione propagandistica. Perché Grillo è completamente diverso. Non sono d’accordo su molte cose con i 5 Stelle ma associarli a Le Pen significa non dirsi la verità e fare un errore politico”. “Non penso – ha aggiunto Veltroni – che Renzi sia l’unico argine al populismo e al trumpismo. Ma bisogna stare attenti: con l’aria che tira, si rischia di scuotere un albero per raccogliere le mele, e ci si ritrova con i rami in testa”.
Quanto al lavoro che sta svolgendo la sindaca di Roma Virginia Raggi, l’ex primo cittadino della Capitale non si è voluto pronunciare: “Giudicare il lavoro dopo solo 6 mesi, penso che sia scorretto”.
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