Referendum, Mario Monti spiega perché voterà No

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Mario Monti ha spiegato perché voterà No al Referendum Costituzionale del 4 dicembre. L’economista ed ex premier ha voluto ribadire la sua posizione in una lettera al Corriere della Sera. Riportiamo le parti più significative, che seguono all’introduzione: “Il beneficio che la nuova Costituzione arrecherebbe, in termini di qualità della governance, è a mio giudizio nullo o negativo, in quanto le modifiche peggiorative prevalgono su quelle migliorative”.
CHI VOTA SÌ E CHI VOTA NO AL REFERENDUM
Prima questione è la riforma del Senato. Monti avrebbe preferito un altro modo per superare il bicameralismo paritario. Ad esempio l’abolizione totale del Senato. E invece, attacca, “si è scelto di accrescere di molto il ruolo degli esponenti politici dei Comuni e soprattutto delle Regioni, proprio di quel segmento della classe politica che negli anni scorsi, con le dovute eccezioni, non ha offerto l’esempio migliore di gestione corretta e avveduta della cosa pubblica”. Le rischiose conseguenze? “Un’accresciuta e forse caotica capacità di pressione del personale politico territoriale sulle decisioni nazionali, con la possibilità di esigere ‘contropartite’ a fronte del proprio consenso”, e un “contributo che non si preannuncia necessariamente distaccato e autorevole”. Senza dimenticare che “non sapremo come avverrà l’elezione dei senatori”.

Monti paragona la nuova Costituzione a un salto nel buio: “Invidio quei cittadini che, di fronte a questi limiti e a queste incognite, si sentono sicuri nel dire che la nuova Costituzione, destinata a reggere la vita italiana per decenni, è migliore di quella attuale (…) Io non sono affatto sicuro che la Costituzione che ci viene proposta sia migliore di quella attuale”. Nonostante, chiarisce, “non sono mai stato tra coloro che hanno esaltato la Costituzione attuale come ‘la più bella del mondo’ (…) So anche che essa non ha mai impedito la governabilità dell’Italia, quando i governi sono stati sufficientemente risoluti. Con le molte decisioni che ha preso, diverse delle quali ho condiviso e sostenuto, il governo Renzi lo ha dimostrato chiaramente”.

Sui costi della politica, Monti polemizza sui soldi pubblici spesi dal governo per creare consenso intorno alla riforma: “Non si parli però, come fa uno degli slogan, di riduzione dei ‘costi della politica’. Il costo per il bilancio dello Stato delle molte misure prese per favorire il consenso alla nascita della Costituzione è un multiplo di quanto si potrà risparmiare sul funzionamento delle istituzioni”.

Si distacca infine da coloro che temono derive autoritarie: “A differenza di molti sostenitori del No non ho mai sostenuto che, ove vinca il Sì, la nuova Costituzione metterebbe a rischio la democrazia”. Né tra coloro che vogliono la testa di Renzi in caso di vittoria del No: “Non riterrei né doveroso né auspicabile che il premier Renzi si dimettesse. Mantengo questa opinione, pur trovando fuori luogo i toni sprezzanti che, sul tema del referendum, il presidente del Consiglio sta usando nei confronti non solo dei suoi avversari politici ma anche di chi, al di fuori della battaglia politica, si sforza di ragionare con la propria testa”.

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