A parole hanno tifato per il No al referendum costituzionale, goduto dopo le dimissioni di Matteo Renzi e auspicano elezioni anticipate il prima possibile. In privato, forse, tremano all’idea di tornare subito al voto per non perdere il vitalizio. Stiamo parlando di due terzi dei parlamentari alla prima legislatura. Per i neoeletti, infatti, il vitalizio scatta dopo quattro anni, sei mesi e un giorno dall’inizio della legislatura. In questo caso il 15 settembre 2017. Nove mesi dopo il fatidico 4 dicembre.
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Quanti sono i parlamentari alla prima legislatura? 608 su 945: 417 deputati su 630, 191 senatori su 315. Tra loro tanti appartenenti al Movimento 5 Stelle e alla Lega Nord. I primi a pretendere che Renzi facesse fede alla sua iniziale promessa (poi rimangiata e infine mantenuta) e se ne andasse a casa in caso di sconfitta al referendum. Ma davvero tutti loro sarebbero ora disposti a barattare il loro vitalizio con le elezioni anticipate per “il bene del popolo”?
A sollevare il caso, prima del 4 dicembre, era stato il vicepresidente del Senato Roberto Calderoli. Uno della vecchia guardia, uno di quelli che la pensione d’oro se l’è conquistata da una vita. A Repubblica aveva rivelato: “Il mio amico Matteo Salvini fa le cose facili ma non è affatto così scontato che si vada dritti al voto. Io le sento le chiacchiere in buvette tra i colleghi, soprattutto i più giovani. E nessuno, dico nessuno ha voglia di lasciare la seggiola prima del 15 settembre 2017, perché solo allora, dopo quattro anni, sei mesi e un giorno dall’inizio della legislatura scatterà il vitalizio. Solo allora la norma dà per acquisita l’intera legislatura ai fini pensionistici. E vuole che in nome della coerenza politica la gran parte di questi signori ci rinunci così facilmente?”.
Pino Pisicchio, deputato e presidente del Gruppo Misto alla Camera, un altro dei vecchi, l’aveva buttata lì: “Io credo nella politica. Non pensavo fossero possibili calcoli del genere, ma ritengo anche con schiettezza che quella cinquantina di parlamentari grillini arrivati in Parlamento nel 2013 da disoccupati o con lavori precari alle spalle alla scadenza faccia qualche pensierino, eccome”.
A salvare l’onore dei giovani ci aveva pensato il 40enne Sergio Boccadutri. Essendo del Pd avrebbe dovuto avere tutto l’interesse per alimentare questa teoria cospiratoria a svantaggio degli avversari. Invece non aveva dubbi sulla loro (e di tutti i neoeletti come lui in generale) buonafede: “Io nemmeno sapevo di questa storia dei quattro anni, sei mesi e un giorno o quel che è. Di certo non mi interessano quei calcoli. Allusioni di questo genere sono un’offesa: ma davvero pensano che un trentenne o un quarantenne preferisca vivacchiare perché tra 25 o 35 anni possa avere uno straccio di pensione? Noi abbiamo ancora forza e energia per dare un contributo per cambiare un Paese che loro (i vecchi di cui sopra, ndr) ci hanno consegnato in condizioni pietose. Se ci saranno le condizioni, bene. Altrimenti, non c’è calcolo che regga: tutti a casa, altro che vivacchiare”.
Elezioni anticipate dopo il referendum?
E adesso, dopo le dimissioni di Renzi, cosa succede? I neoeletti dovranno attenersi alla decisione del Capo dello Stato, orientato verso un governo di transizione finalizzato alla legge elettorale, prima del ritorno alle urne. Quando si voterà per il nuovo governo? Probabilmente a primavera, giugno al massimo. In questo caso niente vitalizio per i neoparlamentari. Tutti contenti per amor di patria, o qualcuno, sottobanco, spingerà per spostare il voto di pochi mesi, giusto il tempo di maturare l’ambito privilegio?
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