Chi ha davvero interesse a rinviare il referendum a causa del terremoto? La proposta l’hanno lanciata Maurizio Sacconi, presidente della commissione Lavoro al Senato, e Pierluigi Castagnetti del Pd. Proposta già rispedita al mittente (almeno in via ufficiale) dal premier Matteo Renzi, che ha confermato il 4 dicembre come data del voto, anche se il ministro dell’Interno Angelino Alfano ci sta pensando. Solo fantapolitica, o è il preludio di novità clamorose? Dopo giorni di dibattito è arrivata la reazione del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che, infastidito da chi lo aveva coinvolto nella polemica, ha negato di essere stato lui a partorire l’idea del rinvio.
Cosa c’entra il Referendum Costituzionale con il terremoto in Centro Italia? Più vengono a galla i retroscena dal palazzo, più quella del sisma sembra una scusa. Che nei posti terremotati al momento sia impossibile votare è vero: lo hanno detto anche i sindaci. In realtà si tratterebbe di una mera strategia politica: sarebbe il premier stesso a sperare nel rinvio perché terrorizzato dalla vittoria del No e dalle conseguenze sul suo futuro. Ricordiamo che era stato lui a trasformare il referendum in un plebiscito personale, tanto che all’inizio aveva parlato di dimissioni nel caso in cui i cittadini avessero votato contro la riforma. Prima di svelare i retroscena raccontiamo i fatti.
Le dichiarazioni di Castagnetti e Sacconi
Il primo a parlare di slittamento è stato Castagnetti su Twitter.
L’esponente Pd ha poi chiarito: “Non ne ho parlato con nessuno, è una mia idea. Ma non è l’emozione a ispirare la mia proposta di rinviare il referendum. Ci sono tre regioni coinvolte. Decine di migliaia di sfollati. Non riesco a immaginare in quali luoghi si possa votare all’interno delle zone terremotate e con quali scrutatori. E le anagrafi comunali sono operative? Non credo esistano le condizioni per andare alle urne in quei luoghi”.
Ipotesi rilanciata poi da Sacconi in un comunicato: “La minaccia sismica che incombe sulla penisola è come pioggia sul pavimento bagnato di una nazione già depressa e insicura (…) In particolare potrebbe essere utile una decisione straordinaria come il rinvio del voto referendario non solo per i problemi conseguenti alle migliaia di sfollati ma anche per l’esigenza di evitare in questa fase un ulteriore motivo di lacerazione quale si produrrebbe addirittura sulla Carta fondamentale. Si potrebbe così sostituire subito la campagna elettorale con una stagione di responsabilità repubblicana, fatta di reciproco ascolto e di decisioni condivise sulla ricostruzione, sulla stabilità bancaria, sulla stessa legge elettorale e sui fondamentali rapporti con l’Europa (…)”.
Renzi: “Nessuna discussione, si vota il 4 dicembre”
Ipotesi subito bocciata da Renzi: “Non c’è discussione sul referendum: si tiene il 4 dicembre, il resto è una boutade giornalistica”. Parla di fantapolica Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera, su Twitter: “Ipotesi/voci rinvio referendum sono fantapolitica. @matteorenzi ha paura e le prova tutte. Si voti il 4/12 e nel frattempo a lavoro per sisma”. Quella di Brunetta è un’accusa velata: qualcuno nel Pd vuole rinviare il referendum perché spaventato dai sondaggi che vedono il No in vantaggio.
Alfano: “Proposta da valutare”
Forse è proprio per questo che Alfano si è detto favorevole almeno a prendere in considerazione l’ipotesi: “Noi non abbiamo chiesto nessun rinvio della data elettorale, ma qualora una parte dell’opposizione fosse disponibile a valutare una ipotesi di questo genere, io sono convinto che sarebbe un gesto da prendere in altissima considerazione. Anche perché ritengo che la cultura di Governo e la posizione politica di un movimento come Forza Italia che sta nel Partito Popolare Europeo e che è guidato da qualcuno che ha dovuto subire anche dei terremoti durante la propria gestione del Paese, mi riferisco a Berlusconi e L’Aquila, conosce bene quanto diventi prioritario rispetto a tutto, quanto diventi indispensabile recarsi sui luoghi del sisma, e quanto anche dal punto di vista dello spirito pubblico diventi difficile una campagna elettorale che separa un Paese che invece ha bisogno di essere unito”.
Contraria Forza Italia. Così il capogruppo al Senato Paolo Romani: “Quella referendaria è una campagna ormai in atto da tempo. Da troppo tempo, anche per responsabilità del governo che non ha fissato una data più vicina, il Paese è bloccato. È evidente che la situazione dell’Italia centrale è fonte di enorme preoccupazione, ma il referendum è un’altra cosa: è un impiccio di cui dobbiamo liberarci”.
Chi ha interesse a rinviare il referendum?
Passiamo ora ai retroscena. Quello di Alfano sembra un messaggio a Berlusconi, nominato ricordando il sisma a L’Aquila, e a tutta Forza Italia. Un sondare il terreno per capire se ci sono le condizioni per accordarsi sullo slittamento, e per avere così il tempo di modificare insieme l’Italicum. Fonti da Arcore, come rivela il Fatto Quotidiano, raccontano che “le offerte del premier ci sono state anche prima delle scosse”. Fosse vero, significherebbe che Renzi (nonostante ufficialmente abbia bocciato l’ipotesi) già da tempo è tentato dallo slittamento, per paura della sconfitta. Far slittare tutto in primavera permetterebbe di avere più tempo per ribaltare i pronostici e i sondaggi sfavorevoli.
E se a spingere per il rinvio fosse anche lo stesso presidente della Repubblica? Castagnetti, il primo a lanciare l’ipotesi, è sempre stato considerato vicino a Sergio Mattarella. Ufficialmente ha parlato per sé, ma in molti pensano che a lanciare l’assist sia stato proprio il Capo dello Stato, spaventato dall’inevitabile instabilità politica causata alla probabile vittoria del No.
Grillo: “Renzi lasci votare”
Dopo il no al rinvio da Forza Italia, è arrivato quello del M5S. Beppe Grillo sul blog: “Renzi lasci votare, un ulteriore rinvio sarebbe insopportabile. Non azzardatevi, dovete rispettare i vostri datori di lavoro. Renzi ha smentito ma pare che fino a ieri supplicasse Berlusconi di aiutarlo a rinviare ed è noto che la sua parola vale meno di zero. Gli italiani vogliono votare e vogliono che il loro voto venga rispettato. Il premier si ricordi di fare quanto promesso non appena arriveranno i risultati del referendum”. Insomma, l’accordo sullo slittamento sembra impossibile. L’unica speranza è rappresentata dai ricorsi per fermare la riforma.
I sindaci dei comuni terremotati: “Rinviate il referendum”
A rilanciare l’ipotesi rinvio sono stati proprio i sindaci dei comuni terremotati. Sono consapevoli di essere stati strumentalizzati, ma la realtà è che nelle città colpite dal sisma non è possibile votare. “Il ministero ci ha chiesto se siamo in grado di garantire lo svolgimento regolare del referendum. A oggi dovrei dire di no, ma siamo gente coriacea e ci proveremo – ha detto il sindaco di Tolentino Giuseppe Pezzanesi – Migliaia sono rimasti senza casa e oggi sono disseminati sulla costa, molti fanno sostanzialmente i pendolari da 50, 60 anche 70 chilometri di distanza, non so se per loro sarà facile venire a votare. E dobbiamo tenere in piedi 19 sezioni di voto, per metà nel centro storico che è compromesso. Onestamente e senza polemica l’ipotesi di un rinvio non sarebbe stata male in un momento come questo”.
“Le sezioni si possono allestire anche in una tenda, quello è forse l’ultimo dei problemi, ma il punto più delicato di tutto il percorso mi sembra quello organizzativo. Nella sola provincia di Macerata, su 50 comuni colpiti dal sisma, 35 hanno il municipio inagibile”, ha spiegato il governatore delle Marche Luca Ceriscioli.
Nicola Alemanno, sindaco di Norcia: “Noi non abbiamo ancora ripristinato l’ufficio dell’anagrafe, abbiamo i server scollegati, oggettivamente abbiamo difficoltà a rispettare i termini fissati dal Ministero dell’interno per caricare i dati nel sistema. Ieri scadevano i termini per avvertire i nostri cittadini all’estero: noi non li abbiamo potuti rispettare. Non siamo in grado in questo momento di mantenere le scadenze fissate: se poi questo debba influire o meno sulla scelta del rinvio del referendum, questo non compete a noi decidere”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Stefano Petrucci, sindaco di Accumoli: “Non abbiamo neanche gli uffici del comune, siamo sotto una tenda, si figuri i seggi elettorali. Penso che non siamo abbastanza numerosi da condizionare la scelta di un rinvio o meno della giornata elettorale, ma è certo che qui abbiamo un problema oggettivo”.
Mattarella chiude il discorso
A chiudere il discorso (forse) è infine arrivato il Capo dello Stato. A raccontare la sua reazione sono stati i retroscena dal Quirinale, secondo cui Mattarella si sarebbe sentito chiamare in causa “ingiustificatamente”. L’inquilino del Quirinale avrebbe assistito con “stupore” al tentativo di “tirargli la giacca” e coinvolgerlo. In particolare avrebbe reagito in modo stizzito alle voci che lo hanno additato come la mente dell’ipotesi rinvio, perché spaventato dall’esito del voto e dalla conseguente crisi politica. In realtà “il presidente non ha mai pensato e nessuno gli ha mai parlato” dell’ipotesi di far slittare il referendum. Capitolo chiuso?
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