Ebbe una relazione sessuale con uno studente di 15 anni, dal quale ha avuto un figlio: professoressa condannata a 6 anni e cinque mesi.
Una professoressa toscana è stata condannata a 6 anni e cinque mesi per aver avuto una relazione sessuale con un suo allievo di 15 anni, da cui ha avuto anche un bambino. La procura ha condannato la donna, confermando la pena ottenuta nel processo di primo grado.
Per la professoressa che ha avuto una relazione con un allievo quindicenne, dalla quale è nato anche un figlio, è stata condannata a 6 anni e 5 mesi: la condanna ha confermato, dunque, il verdetto già stabilito dal processo di primo grado.
Il tribunale di Prato, infatti, nel mese di giugno 2021, aveva elaborato tale pena per la donna accusata di atti sessuali violenza sessuale per induzione su minore. Nel secondo grado, però, la pena era stata ridotta di trenta giorni. Il marito della donna è stato accusato di falsa attestazione di stato in quanto – anche se consapevole che il figlio che attendeva la moglie non era suo – si è attribuito la paternità. Alla fine, è stato assolto.
La relazione sessuale con il quindicenne si è sviluppata nel 2018: al tempo, l’insegnante aveva 34 anni. I due si sono conosciuti quando lei iniziò a dare lezioni private di inglese al ragazzo.
In quelle occasioni, oltre alle lezioni, si instaurò un rapporto intimo che sfociò in diversi rapporti sessuali, dai quali è nato anche un bambino. I genitori del giovane denunciarono la professoressa quando compresero che tra i due non solo c’erano stati atti sessuali, ma che – da tale rapporti – era nata anche una creatura. I giudici hann predisposto una provvisionale di 30 mila euro alla parte offesa e di 10 mila euro ai genitori.
Roberta Roviello, legale di parte civile della famiglia della parte offesa, ha parlato di un vero e proprio “sequestro” da parte dell’insegnante:
“Ha di fatto sequestrato la vittima, tra l’altro figlio di una sua amica. Lo ha legato a sé e ha sperato di rimanere incinta, vero è che era delusa di un primo esito negativo del test di gravidanza e lo ha poi ripetuto a una settimana di distanza“.
Per l’avvocato difensore della donna, invece, quest’ultima cercava solamente “affettività, sbagliata, malata, eticamente condannabile, ma affettività“.
“L’allievo rispondeva con messaggi dettagliati ed espliciti, suggerendole di guardare dei video per eseguire meglio una prestazione richiesta. Non si ha a che fare con un soggetto passivo che subisce pressioni sessuali“.
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