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In attesa della serata speciale su Rai 1 a lui dedicata, Renato Zero parla dei social network e dei talent show musicali manifestando la sua contrarietà verso queste nuove forme di comunicazione e di spettacolo (in particolare verso Facebook e i social in generale, mentre per i talent fa un distinguo), e auspicando un ritorno ai veri rapporti interpersonali per combattere l’esasperato individualismo che domina la società attuale. Lo speciale su Renato Zero, dal titolo ‘Arenà – Renato Zero si racconta’ andrà in onda sabato 17 settembre in prima serata sull’ammiraglia Rai: nel corso dello spettacolo, che durerà quasi tre ore e ripercorrerà l’intera carriera del cantautore romano, interverranno numerosi ospiti tra cui i cantanti Emma, Elisa e Francesco Renga.
‘Bisogna spegnere Facebook e cominciare a suonare di nuovo ai citofoni’, spiega Renato Zero al Corriere della Sera, ‘Chiacchierare al bar, avere rapporti fisici veri e non virtuali con le persone. Non mi piace questa solitudine così forzata, pilotata. La accetto se è scelta, desiderata. Non imposta. Ora si alzano anche questi muri fisici, come quello di Calais, che sono il segno più drammatico di un ritorno paleolitico al silenzio, al razzismo, alla fuga dal dialogo. Per questo dico che la rivoluzione più urgente da fare è quella contro l’individualismo’.
Come anticipavamo all’inizio, Renato boccia anche i talent show, pur ammettendo che la mutata scena musicale li ha resi quasi necessari: ‘I talent non li trovo stimolanti perché io la gavetta l’ho fatta nel Piper, uno di quei locali fumosi da quattrocento persone dove avevi un contatto costante e quotidiano con la gente, senza filtri, e dove contava quello che riuscivi a trasmettere. Ma oggi che quelle ‘cantine’ non ci sono praticamente più, mi rendo conto che i talent show danno almeno una palestra e delle telecamere a chi spera di diventare cantante: sono diventati un luogo dove i ragazzi mettono a fuoco le loro personalità, i loro gusti e le loro tendenze’.
Ma i problemi nel panorama musicale non riguardano soltanto i ‘luoghi di partenza’, ma un po’ tutte le dinamiche dell’industria discografica. A questo proposito Renato Zero cita la pessima abitudine (‘un vero vizio’, dice lui) che hanno molti suoi colleghi di puntare più su un grande singolo radiofonico che su un album fatto di tante belle canzoni: ‘Oggi nella musica c’è la dittatura del singolo più che il piacere del disco intero, ma non credo che la strada giusta sia quella di puntare su un solo brano e averne altri 11 che fanno schifo. Anche perché un album ti resta sul groppone per tutta la vita, se lo fai male avrai per sempre questa spada di Damocle sulla testa’.
La cosa ovviamente non riguarda Renato Zero, sempre molto meticoloso nella realizzazione dei suoi album (‘Eppure c’è un disco del quale non sono completamente soddisfatto, ‘Artide Antartide’, anche se ha venduto parecchio’), e che a quasi 66 anni è ancora ale prese con mille progetti: ‘Ho un cervello che ribolle sempre: non mi mancano idee, slancio, passione, come se avessi degli integratori naturali. I ‘muscoli’ più importanti sono il cuore e il cervello, non la tartaruga sulla pancia’.
Intanto sabato sera lo vedremo su Rai 1. E chissà, potrebbe trattarsi del primo capitolo di un’interessante collaborazione con la TV di Stato: ‘Mi piacerebbe che i dirigenti Rai capissero che sono anche un autore e un ottimo regista. Nella vita non si sa mai…’.
E speriamo che lo capiscano davvero!
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