Renzi è come Berlusconi? E se il vero premier dell’Italia fosse Renzusconi, creatura partorita dal Patto del Nazareno? In molti, soprattutto in senso dispregiativo, sostengono che il giovane presidente del Consiglio sia esattamente come il vecchio. Sono convinti che l’ex sindaco di Firenze non sia altro che l’erede del re di Arcore. Qualcuno afferma che sia addirittura peggio. La cosa certa è che Renzusconi esiste davvero. Basta incrociare i volti di Matteo e Silvio, come mostra la foto, e il gioco è fatto! Magie del Photoshop a parte, a riconoscere l’esistenza di Renzusconi è il vocabolario: secondo Treccani il neologismo indica il “reciproco avvicinamento delle posizioni e delle scelte politiche di Matteo Renzi e di Silvio Berlusconi”.
Tornando all’interrogativo iniziale, è giusto dire che Renzi sia come Berlusconi? La verità sta nel mezzo: ci sono cose per cui sono simili e altre per cui agli antipodi. Prima di esaminare affinità e differenze, ricordiamo le battaglie comuni a Palazzo Chigi, l’ultima delle quali il ponte sullo Stretto.
Dal referendum al ponte sullo Stretto: le battaglie comuni
Spesso, quando Renzi propone una legge o fa una sparata, il commento è: “L’ha fatto anche Berlusconi”. Una volta fu lo stesso Cavaliere a dire: “Matteo ha copiato il mio programma”. E l’altro, nel rassicurante salotto di Bruno Vespa: “Silvio le riforme non le ha fatte. Ci ha provato, ma non le ha fatte”.
Gli esempi di battaglie comuni sono tanti. Partiamo, appunto, dalla grande infrastruttura che dovrebbe permettere di collegare Calabria e Sicilia in auto: il ponte sullo Stretto. Fu uno dei cavalli di battaglia di Berlusconi che nel 2001 avviò l’iter legislativo per sbloccare l’opera arrivando ad assegnare l’appalto. Dopo lo stop del governo Prodi, nel 2008 Berlusconi ci riprovò: “È un’opera epocale che si inserisce tra le prime sei più importanti del nostro impegno infrastrutturale”. Tutto si bloccò, tra risarcimenti milionari alle imprese che avevano ricevuto l’appalto, e gli italiani se ne dimenticarono. Fino a quando, settembre 2016, Renzi ha deciso: basta traghetti per arrivare sull’isola. Smentendo se stesso (pochi mesi prima l’aveva considerata una grande opera inutile), il premier ha affermato: “Noi siamo pronti. Se voi siete nella condizione di portare le carte e sistemare ciò che è fermo da 10 anni, noi sblocchiamo”.
Non solo il ponte. Basti pensare alle battaglie contro l’articolo 18 per il lavoro; il bonus bebè (introdotto da Berlusconi anni fa e ripristinato da Renzi); il tentativo di aumentare la soglia del contante (proposta contestata a entrambi in quanto favorirebbe l’evasione); l’abolizione della tassa sulla prima casa. Fino alle riforme costituzionali: dieci anni dopo Berlusconi (referendum 2006), ci riproverà Renzi a cambiare la Costituzione. Senza dimenticare che anche lui si è lamentato della divulgazione delle intercettazioni durante le inchieste giudiziarie. Anche se mai allo stesso livello del predecessore e delle sue battaglie contro i “magistrati comunisti”. Partiamo proprio da questo per parlare delle differenze tra i due.
Dai processi alle ville milionarie: le differenze
Berlusconi ha avuto oltre venti processi (alcuni ancora in corso), Renzi no. Il primo è uno degli uomini più ricchi d’Italia, l’altro non ha di certo problemi a pagare le bollette ma dubitiamo possa permettersi di farsi costruire un piccolo vulcano artificiale nella villa. Berlusconi possiede televisioni e giornali, Renzi no. Il primo è stato eletto, il secondo mai: ha ricevuto l’incarico di premier da Giorgio Napolitano. Forza Italia è nata e morta politicamente con Berlusconi, Renzi è diventato segretario nazionale del Pd (partito spaccato in correnti che ha visto il susseguirsi di più leader) dopo aver vinto le Primarie. Poi c’è la questione del conflitto di interessi: innegabile che ci sia stato per Berlusconi, fautore di leggi ad personam. Su Renzi il dibattito è aperto, anche se i presunti conflitti più che lui riguardano i sodali (Maria Elena Boschi e Banca Etruria).
Grandi comunicatori, spietati con gli avversari: le affinità
Renzi e Berlusconi hanno diverse affinità caratteriali. Tutto si può dire sul loro conto, ma non che non siano grandi comunicatori. Silvio ha costruito le vittorie sulla comunicazione politica. La sua parlantina, i suoi modi di fare (pensate al messaggio elettorale della discesa in campo o al contratto con gli italiani) riuscivano nell’intento di farlo arrivare nella testa di tanta gente. Anche Matteo con le parole ci sa fare e sprizza ottimismo. Secondo la teoria del giornalista e conduttore radiofonico Giuseppe Cruciani, ha senso paragonare Renzi a Berlusconi se parliamo di marketing politico: “Renzi è uno che punta molto sul vendere un prodotto. Tutti i politici lo fanno, Renzi lo fa più di altri, in questo c’è una similitudine con Berlusconi”.
Sono telegenici, spigliati, piacioni, inclini alla battuta, tifosi: uno del Milan, l’altro della Fiorentina. Sono anche decisionisti, si presentano come uomini del fare, non accettano compromessi e mediazioni. E spietati con gli avversari. Ricordate l’editto bulgaro di Berlusconi contro Enzo Biagi, Michele Santoro e Daniele Luttazzi per l’“uso criminoso” che facevano della tv pubblica? Pensate ora a Renzi accusato di aver occupato militarmente la Rai, arrivando a chiudere un programma storico come Ballarò. Anche quello contro il conduttore Massimo Giannini, reo di aver affermato che tra Banca Etruria e la Boschi esiste un “rapporto incestuoso”, è stato un editto bulgaro.
Altra affinità tra i due? Il piacere di combattere nelle arene televisive quando le cose vanno male. Il direttore del Tg La7 Enrico Mentana, arbitro della sfida tra il premier e il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky sul referendum del 4 dicembre, non ha dubbi: “Certamente ci vuole forza per mettere faccia e voce contro Zagrebelsky, un gigante del diritto costituzionale. Probabilmente Renzi, come il Berlusconi del 2006, sa che deve recuperare nei sondaggi e che la via più efficace sono gli scontri diretti”.
Quelli che “Berlusconi ha interesse a tenere in vita Renzi”
Molti tra politici (nemici e nuovi alleati) e giornalisti sostengono la teoria del Renzusconismo. Massimo D’Alema, eterna presenza ingombrante nel Pd: “Come Berlusconi aveva detto che la crescita del Paese sarebbe stata strabiliante invece è a zero. Non credo di sbagliare quando dico che Renzi si è ispirato, per buona parte, alla sua stessa filosofia”.
Interessante il pensiero di Pietrangelo Buttafuoco, giornalista: “Silvio Berlusconi ha più interesse a tenere in vita Renzi di quanto possa averne a tenere in vita una stagione politica ormai conclusa. (…) La prova evidente è l’accoglienza che ha ricevuto Renzi nel salotto televisivo di Barbara D’Urso. (…) È chiaro il concetto: fin quando sarà in piedi Renzi, stanno in piedi le aziende di Berlusconi. Quando cadrà il governo, cadranno anche quelle. (…) I posteri ci diranno se l’addio di Verdini sia stato strategico o sincero. L’attualità, però, ci conferma la prima ipotesi”. È la teoria secondo cui Denis Verdini, il più controverso degli alleati di Renzi, non sia altro che il tramite tra i due per portare avanti il Patto del Nazareno.
Quelli che “Renzi è peggio di Berlusconi”
E poi ci sono quelli che sostengono che l’attuale premier sia peggiore del vecchio. Come Luigi Di Maio, uno dei volti mediatici dei 5 Stelle: “C’è una sostanziale differenza fra i due: Berlusconi non ha mai nascosto la sua allergia nei confronti della magistratura, non s’è mai nascosto, così come è sempre stato palese il suo tentativo di salvarsi da tutti i suoi processi attraverso provvedimenti legislativi. Renzi, al contrario, s’è presentato come rottamatore, come il nuovo che avanza. È più subdolo di Berlusconi: arrivano ambedue alle stesse conclusioni ma almeno l’ex Cavaliere non fingeva”.
E come l’immancabile Marco Travaglio, giornalista e scrittore simbolo dell’antiberlusconismo. Queste le parole del direttore del Fatto Quotidiano: “Non è vero che Renzi sia uguale a B. Parla come lui e fa più o meno le stesse cose che faceva o voleva fare lui, ma non è uguale a lui: per certi versi è meglio, per altri addirittura peggio. È meglio perché gli mancano la P2, la mafia, le mazzette e le mignotte. È peggio perché B. almeno andava al governo dopo aver vinto le elezioni: Renzi mai. B. non destituì mai un sindaco perché non gli andava a genio: Renzi l’ha fatto a Roma, cacciando il sindaco eletto dal popolo per sostituirlo con un Dream Team non eletto da nessuno, ma nominato da lui che non ha eletto nessuno. Ma soprattutto B. aveva sempre un piede in galera, dunque le porcate le faceva per costrizione e per disperazione: Renzi invece le fa per convinzione”.