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Le avvisaglie c’erano tutte, ma ora lo scontro tra Matteo Renzi e i sindacati, Cgil in primis, è totale. Fin dall’inizio del suo mandato, il premier Rottamatore non ha visto con particolare simpatia le associazioni sindacali, rimandando la concertazione finché ha potuto e cedendo solo alle richieste di Giorgio Napolitano. Il primo passo in avanti è arrivato con la riapertura della Sala Verde di Palazzo Chighi che però ha portato a un muro contro muro con Susanna Camusso, leader del sindacato legato alla sinistra. Il legame tra la Cgil e il PD di Renzi si rompe però con la manifestazione di Roma contro il Jobs Act e in difesa dell’articolo 18, con un milione di persone per le strade della capitale, mentre dal palco della Leopolda Renzi se la prende con la minoranza che a quel corteo è andata.
Il capitolo finale dello scontro si apre proprio con la manifestazione di Roma. “Paradossale” è il termine usato dalla Camusso per riferirsi alla riforma del lavoro di Matteo Renzi. “Qui non ci sono camicie bianche, qui ci sono i colori del lavoor”, l’esordio del suo intervento molto duro nei confronti del premier. “L’articolo 18 non va abolito, va esteso a chi non lo ha”. E ancora: “Matteo stai sereno. Hai richiuso la Sala Verde, ma non ci scoraggiamo”. Dal palco arriva la conferma dello sciopero generale: la piazza aspetta risposte e non si fermerà.
È però dello stesso avviso anche Renzi: non sarà la manifestazione della Cgil a fermare il piano di lavoro del governo e il Jobs Act. Tra il premier e la leader sindacale i toni si erano già fatti molto accessi, quando la Camusso lo aveva accusato di avere come riferimento per le politiche del lavoro Margaret Thatcher. “Noi siamo preoccupati non di Margaret Thatcher, ma di Marta, 28 anni, che non ha la possibilità di avere il diritto alla maternità. Lei sta aspettando un bambino ma, a differenza delle sue amiche, che sono dipendenti pubbliche, non ha nessuna garanzia”, è la netta risposta di Renzi. Da qui la maglia scelta dalla Camusso per la manifestazione romana con la scritta “Io sono Marta”.
Dal palco della Leopolda, Renzi si è rivolto alla platea della piazza di Roma. “A chi va in piazza a manifestare dico, con il rispetto che si deve, che questa storia qui in Europa la porta avanti solo l’Italia, l’idea di cambiare il modo di percepire l’Europa è del PD”, rivendica, sottolineando che oggi “il posto fisso non esiste più”.
Il botta e risposta è proseguito a poca distanza. “Surreale” è stato definito dai sindacati l’incontro avvenuto con il governo in merito alla legge di stabilità. Poche ore e il premier risponde dagli studi di “8 e mezzo” su La7. “La cosa surreale è che la Camusso dica che si deve trattare. Deve trattare con gli imprenditori, non con il governo. Le leggi il governo non le scrive trattando coi sindacati. Noi ascoltiamo tutti, dobbiamo parlare col sindacato, ma è il momento che in Italia ognuno torni a fare il suo mestiere. Noi abbiamo detto: questa è la nostra manovra, diteci cosa pensate, anche via mail. Ma nessuno può pensare di trattare sulla Legge di stabilità […] Se i sindacalisti vogliono trattare si facciano eleggere, ce ne sono già, si troverebbero a loro agio”, con un riferimento neanche troppo velato a Sergio Cofferati, ex numero uno della Cigl, oggi eurodeputato del PD e membro della minoranza contraria a Renzi e al Jobs Act.
A stretto giro arriva l’ennesima replica della leader sindacale. “Renzi è a Palazzo Chighi per volere dei poteri forti”, è la dichiarazione netta della leader della Cgil riferendosi alle parole di Sergio Marchionne rilasciate in un’intervista a Repubblica.
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L’ultima battuta parte dalla sponda dei dem renziani. Questa volta è Pina Picerno, eletta al Parlamento europeo. “Sono rimasta molto turbata dalle parole di Susanna Camusso che dice a qualche giornale che Matteo Renzi è al governo per i poteri forti. Potrei ricordare che la Camusso è eletta con tessere false o che la piazza è stata riempita con pullman pagati, ma non lo farò”, ha detto alla trasmissione di Rai Tre Agorà. Visti i toni, non sarà l’ultimo scambio al vetriolo tra il premier PD e il sindacato della sinistra.
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