La burocrazia è l’arte tutta italiana di creare uffici superflui e di complicare procedure semplici. Facciamo un esempio molto terra terra: immaginiamo di avere sete e burocratizziamo il processo di idratazione. La bocca avverte il cervello che ha bisogno di bere. Per farlo le è richiesto di inviare un apposito modulo scaricabile dal sito del Ministero sul quale dovrà apporre la firma digitale precedentemente depositata. Il cervello ha 60 giorni di tempo per accogliere l’istanza o per rigettarla motivando il rifiuto. Contestualmente deve nominare una commissione per individuare il percorso più breve che le gambe dovranno percorrere per raggiungere la cucina, secondo le indicazioni di un DPR. La mancanza di un regolamento attuativo rallenta i lavori e il ricorso di un aspirante escluso dalla rosa degli idonei blocca definitivamente tutto. A questo punto interviene la morte per disidratazione. Ma nemmeno la morte riesce ad arrestare la burocrazia, come nel caso della signora Pamela Santoro di Prato che aveva osato chiedere al Palazzo l’applicazione della legge 104 per accudire il babbo malato. La risposta le arrivò parecchio tempo dopo il funerale.
Sì, di burocrazia si può morire. Letteralmente.
Quello riportato in foto è un caso limite? La burocrazia uccide con i suoi intoppi, con le sue scadenze prorogate all’infinito. E’ finito nel baratro della disperazione Daniele Delogu, l’imprenditore sardo che ha minacciato il suicidio perché non riusciva a incassare 350mila euro dallo quello stesso Stato che gli chiedeva di pagarne subito 50mila in tasse. La cronaca ci ricorda che decine di altri imprenditori si sono suicidati realmente, alcuni per non essere riusciti a incassare crediti dallo Stato, altri per non essere riusciti a far valere i propri diritti davanti ai privati. Ma per delicatezza non citeremo i loro nomi. Sì, perché in Italia una causa civile fra un intoppo e l’altro dura 10 anni. E nel frattempo un imprenditore deve pagare i lavoratori, le tasse, le bollette, i fornitori, le banche (e spesso anche la mafia e le mazzette). Stranamente sono sempre i piccoli imprenditori a suicidarsi, le menti dei burocrati invece non sono mai sconvolte da oscuri pensieri di morte.
Usciamo dalla cronaca e parliamo di numeri: il rapporto Costi del non fare 2013 stilato da Agici e Bocconi racconta che l’immobilismo decisionale ci costa qualcosa come 45 miliardi nelle telecomunicazioni e 14 nelle reti ferroviarie, per citare solo alcune voci. Poi però per far quadrare i conti tutti i governi sono tentati dallo stesso mantra: “razionalizzare” i costi sanitari, la voragine che inghiotte il 7% del Pil nazionale. Il che significa troppo spesso tagliare i posti letto, accorpare i reparti, chiudere i piccoli ospedali, istituire i ticket, ecc… E la gente muore.
Ma come ha fatto l’Italia a ridursi in questo stato? Molto semplice: la burocrazia è stata utilizzata nei decenni come ammortizzatore sociale e come bacino elettorale.
“L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”, scrisse qualcuno da qualche parte. Per questo, per dare lavoro e creare consenso, governi di ogni colore hanno “dato lavoro” a migliaia di burocrati perché timbrassero, catalogassero, fotocopiassero, vidimassero, protocollassero miliardi di documenti ogni anno.
In altri paesi sono stati più furbi: la tanto invidiata Germania, per esempio, ha capito che in un mercato globale per essere competitivi occorreva investire in formazione e innovazione, snellendo il settore pubblico. I politici tedeschi in altre parole hanno alleggerito le procedure burocratiche destinando i soldi ai settori realmente produttivi.
Rimasi di stucco una decina d’anni fa nell’apprendere la facilità che ci vuole nell’aprire un’attività in Germania. Quanto ci vuole invece per aprire un’attività in Italia nel 2014? Mesi di pazienza e milioni di marche da bollo. Sì, qui da noi aprire un’impresa è un’impresa.
Siccome abbiamo il gusto per gli aneddoti, ne citiamo altri due: sapete quante scartoffie servono perché un’azienda possa creare una semplice tettoia? Quattro chili.
E se a un piccolo imprenditore venisse la malaugurata idea di comprare un altro furgoncino? Servono appena una quindicina di adempimenti burocratici.
Per decenni ogni governo ha promesso di sopprimere gli enti inutili e di snellire le procedure burocratiche. Nessuno ha mai fatto granché, perché significa necessariamente licenziare i burocrati o ricollocarli. Che tradotto in politichese vale a dire “perdere i voti degli impiegati pubblici e degli iscritti ai sindacati”.
Non dimentichiamo che uno dei motivi per cui gli stranieri non investono in Italia è una burocrazia soffocante e dalle regole incerte. Gli altri motivi non sono meno gravi: crimine organizzato, instabilità politica, sistema delle telecomunicazioni degno di un paese in via di sviluppo, vie di comunicazione inadeguate, processi che durano 30 anni, ecc…
Matteo Renzi è un premier non eletto, che al momento se ne infischia del consenso visto che le prossime Politiche si terranno nel 2018, e che grazie al bonus degli 80 euro è riuscito a drogare le elezioni Europee.
Renzi se ne frega della concertazione ancora più di quanto non facesse Monti. Con tutti i suoi difetti, con tutto il suo arrivismo, con tutte le sue paraculaggini, con tutta l’idolatria che dimostra verso se stesso, Renzi può essere un bene per questo paese.
(Carlo Cottarelli, foto AP/LaPresse)
Al momento Mr Riforme ha fatto molti proclami e ha segnato pochi punti nella sfida verso un settore pubblico più snello. Inoltre Carlo Cottarelli, ex segretario alla revisione della spesa… pardon… alla spending review è stato respinto dal Sistema che cercava di riformare. Doveva rimanere in carica tre anni, dopo un anno l’hanno rispedito in America come un pacco postale. Cottarelli era stato chiamato da Enrico Letta e non è mai stato amato da Renzi, che mal digerisce che la strada sia indicata da un tecnico che lavora con troppa indipendenza.
(Marianna Madia, foto AP/LaPresse)
Renzi però oggi è una speranza, per chi negli anni ne ha viste davvero di tutti i colori. Una speranza che permette di dimenticare anche consapevolezze traumatiche, come il fatto che al ministero per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione c’è Marianna Madia. Se non ce la fa Renzi, il grande rottamatore dell’ancien régime, non ce la farà nessuno. Il timore però è che Renzi scardini il Sistema non per innovarlo, ma per mandare a casa i burontosauri che infestano il settore pubblico al fine di piazzare i suoi protetti.
Facciamoci coraggio, incrociamo le dita e teniamo gli occhi aperti.
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