Baci e abbracci, sorrisi e tante dichiarazioni che dovranno tenere anche davanti alla prova dei fatti. L’incontro tra Matteo Renzi e Angela Merkel si conclude con una conferenza stampa piena di belle parole e con prospettive che sembrano ampie, ma che saranno da misurare nei prossimi mesi davanti alle scadenze reali. Le distanze degli ultimi mesi sembrano svanite grazie a quello che definiscono “uno spirito europeo che ci unisce” e i “colloqui sono stati veramente amichevoli”, come dichiarato dalla Merkel. Pace fatta dunque? Cosa cambierà per l’agenda politica europea e nostrana?
Il tema immigrazione è stato al centro del bilaterale. La Cancelliera ha lodato l’Italia per “le riforme ambiziose”, a partire dal Jobs Act, ma l’accordo con la Turchia per la gestione dei profughi è quello che davvero interessa alla Germania. Il piano europeo deve funzionare nel suo complesso in modo da rendere più gestibile il flusso di migranti che vedono nel Nord Europa la tappa finale del loro viaggio. Bloccarli in partenza sarebbe una manna dal cielo, ma senza il contributo anche economico dell’Italia tutto questo non è possibile.
Renzi lo sa bene e ha giocato la sua carta. L’Italia pagherà quanto dovuto ma dovrà avere assicurazioni sul tema della flessibilità di bilancio. “Siamo pronti a fare la nostra parte. Stiamo aspettando che le istituzioni europee ci diano alcune risposte sul modo di intendere questo contributo sull’emigrazione”, ha spiegato in conferenza stampa.
Respinte anche le critiche sulla mancata realizzazione degli hotspot di identificazione. “Voglio rassicurare l’opinione pubblica tedesca che se in passato ci sono state procedure difficili, oggi grazie al lavoro della polizia italiana siamo al 100% nella registrazione delle impronte digitali e dei riconoscimenti facciali”, ha proseguito il premier.
L’Italia ha difeso e continuerà a difendere il trattato di Schengen per non rimanere sola a gestire i migranti, ha ribadito Renzi. Servono però fondi e un’idea comune d’Europa che passi anche dal fattore economico. “Noi non stiamo chiedendo che le regole siano cambiate ma che siano applicate senza equivoci, la flessibilità era una condizione per l’elezione di Juncker. Io non ho cambiato idea sulla flessibilità, spero che non lo abbia fatto Juncker”, ha sottolineato.
Immigrazione e flessibilità
Ancora è troppo presto per capire se il bilaterale porterà i suoi frutti in casa Italia. Come fotografato dal New York Times, il vero intento di Renzi era dare al paese un “posto al tavolo europeo del potere”. Per l’Italia il tema immigrazione è legato alla sopravvivenza del trattato di Schengen. Sempre più Paesi del Nord ed Est Europa stanno chiudendo le frontiere: il caso della Svezia ha sparagliato le carte e ora la frattura tra il fronte del no e quello del sì a Schengen è sempre più grande. Se passasse la politica di chiusura, per l’Italia sarebbe un mezzo disastro, ritrovandosi (di nuovo) a gestire da sola il flusso migratorio che non accenna a fermarsi.
Alla questione migranti è legata anche la flessibilità che l’Italia spera di ottenere dalla Commissione Europea. Se il nostro Paese dimostrerà di aver lavorato nella giusta direzione anche in tema di accoglienza dei profughi, potrà ottenere un margine di manovra sui conti pubblici che si tradurrebbe in 16 miliardi di euro. Una manna per le casse dello Stato. L’alternativa sarebbe sforare o tirare la cinghia (tradotto: nuovi aumenti di tasse).
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