La recente legge sull’omicidio stradale è partita male ed è finita peggio. Al punto che in continuazione vengono alla luce gravi contraddizioni e disposizioni molto discutibili. Come nel caso della revoca della patente. Un articolo pubblicato il 6 luglio dal Sole 24 Ore fa notare quanto sia facile perdere la licenza di guida per 5 anni solo per aver provocato un colpo di frusta in un tamponamento. Ripercorriamo la faccenda.
Uno dei maggiori problemi dell’apparato normativo italiano è la selva sterminata di leggi scritte e approvate senza una adeguata programmazione politica e tecnica. Una giungla di articoli, commi e paragrafi piazzati spesso a tradimento e praticamente di nascosto, il cui scopo è quasi sempre accontentare gli interessi particolari di qualche potente o prepotente, oppure assecondare gli umori dei gruppi di pressione ideologica, sempre molto bravi a urlare, molto meno quando si tratta di usare il buon senso.
Anche quando non c’è sotto uno scopo losco, di frequente gli articoli e i commi vanno a sovrapporsi e intralciarsi ad altri articoli e commi esistenti, creando mostri giuridici che prendono a calci le norme più elementari del diritto. Ad esempio, leggi che prevedono pene differenti per lo stesso reato a seconda di chi lo commette; oppure pene che puniscono allo stesso modo i reati più leggeri e quelli più gravi; oppure si prevede una condanna senza la necessità di fornire prove oggettivamente dimostrabili.
IDEA BUONA, LEGGE DISCUTIBILE
Sono proprio questi ultimi due casi a riguardarci ora. La legge numero 41 del 23 marzo 2016, cioè quella sull’omicidio stradale, ha modificato alcuni articoli del Codice della strada e del Codice penale per punire severamente chi causa la morte o il ferimento grave di persone a causa di comportamenti al volante particolarmente pericolosi. Soprattutto la guida sotto l’effetto di alcool o droghe, l’alta velocità, il passaggio col semaforo rosso, la guida contromano, il sorpasso pericoloso. Previste anche aggravanti contro i pirati della strada. L’idea (peraltro sollecitata da parecchi anni) era buona; l’esecuzione è stata discutibile.
LA REVOCA DELLA PATENTE
In particolare, la legge 41 ha riscritto l’articolo 590-bis del Codice penale dicendo al primo paragrafo: “Chiunque cagioni per colpa ad altri una lesione personale con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale è punito con la reclusione da tre mesi a un anno per le lesioni gravi e da uno a tre anni per le lesioni gravissime“.
Riscritto parzialmente anche l’articolo 222 del Codice della strada. Esso prevede la sanzione accessoria della revoca della patente per chi viene condannato in seguito alle circostanze sopra descritte. Il periodo di revoca varia da 5 a 30 anni a seconda della gravità. E la patente viene revocata anche in caso di sospensione condizionale della pena principale. Questa parte da due anni di reclusione in caso di omicidio stradale.
C’interessa soprattutto il comma 3-ter dove si dice che, se la patente viene revocata per queste violazioni, “… l’interessato non può conseguire una nuova patente di guida prima che siano decorsi cinque anni dalla revoca“.
IL COLPO DI FRUSTA COME LA MORTE
Dov’è il problema? E’ nascosto fra le pieghe e gli incroci delle leggi. Può perdere la patente per cinque anni sia chi ammazza una persona sia chi le provoca solo un colpo di frusta.
E non è solo la patente. Uccido qualcuno perché passo col rosso e mi danno almeno due anni; lo tampono a 30 Km/h, gli fa male la schiena per un po’ e prendo come minimo due mesi, anche se con la condizionale. Il principio di gradualità delle pene è allegramente preso a schiaffoni.
LESIONI GRAVI, UN’OPINIONE
L’inghippo sta nella definizione legale di “lesioni personali gravi” e nella sua applicazione. Gli articoli 582 e 583 del Codice penale dicono che una lesione personale è un danno dal quale deriva una malattia del corpo o della mente. Essa è grave quando dal fatto che la provoca deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, oppure una malattia o incapacità di durata superiore a 40 giorni.
Ma, come fa notare l’articolo del Sole 24 Ore, uno degli incidenti più diffusi, cioè il tamponamento urbano dal quale deriva il noto colpo di frusta, è difficilmente certificabile in modo oggettivo. Il ferito va dal suo medico, dice che gli fa male il collo o la schiena, oppure gli fa male la testa; il medico si fida delle parole del suo paziente, scrive un certificato in cui lo mette a riposo per almeno 40 giorni per un colpo di frusta e gli fa indossare un collare. Ma non sempre gli esami diagnostici possono rilevare con certezza l’esistenza di questo danno. Si tratta di una misura precauzionale per evitare possibili problemi futuri.
CONDANNATI SULLA FIDUCIA
Tuttavia questa può tradursi anche in una condanna penale. Gli agenti di polizia intervenuti sul luogo dell’incidente emettono un verbale per mancato rispetto della distanza di sicurezza, la compagnia assicurativa del tamponato (o egli stesso) querela il tamponatore per farsi risarcire, il Giudice di pace legge verbale e certificato medico e non può fare altro che condannare il tamponatore; se egli patteggiasse, avrebbe come minimo un mese con la condizionale. Ma anche la patente revocata per 5 anni, grazie ad una legge che teoricamente doveva occuparsi di punire gli ubriachi, i drogati e i pirati. Tutto questo sulla base di un semplice certificato medico non supportato da esami tecnici.
Chiunque guidi sa che mantenere la distanza di sicurezza in città è virtualmente impossibile. Magari il tamponato frena di colpo senza motivo, oppure perché a sua volta non mantiene la distanza; magari non allaccia la cintura “perché tanto in città si va piano“, oppure ha regolato male il poggiatesta. E un altro va nei guai. Grazie, signori parlamentari. L’ennesimo capolavoro. I vostri stipendi, rimborsi, pensioni e vitalizi sono certamente ben guadagnati.
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