Dopo le dichiarazioni rassicuranti rilasciate ieri dal commissario straordinario Domenico Arcuri sulla situazione delle terapie intensive, gli anestesisti non ci stanno e fanno sentire la loro voce. “Viene affermato che la pressione sulle terapie intensive sia sostenibile, ma in realtà nelle regioni rossi la pressione è quasi insostenibile e in quelle arancioni è molto ma molto pesante“, dice, in un videomessaggio mandato in onda ad Agorà su RaiTre, Antonio Giarratano, presidente Siaarti, la società italiana di anestesisti e rianimatori.
“Sostenere che diecimila ventilatori possano garantire un sufficiente margine per sostenere questa crescita esponenziale di ricoveri in terapia intensiva – spiega Antonio Giarratano – significa pensare che basti saper accendere un ventilatore per salvare una vita“. E conclude: “Purtroppo non è così”.
Il messaggio di anestesisti e rianimatori arriva in risposta alle dichiarazioni di ieri del commissario straordinario Domenico Arcuri, il quale ha minimizzato le pressione esercitata oggi sulle terapie intensive di tutto il territorio. “In Germania a marzo c’erano 30 mila posti di terapia intensiva, sei volte di più che in Italia, dove erano 5 mila – ha dichiarato ieri il commissario Arcuri – ; al picco abbiamo avuto nel nostro Paese circa 7 mila pazienti in rianimazione, duemila di più della totale capienza dei reparti. Oggi abbiamo circa 10 mila posti di terapia intensiva e arriveremo a 11.300 nel prossimo mese“. E ha concluso: “Attualmente ci sono circa 3.300 ricoverati in terapia intensiva (per Covid) , quindi la pressione su questi reparti non c’è“,
Le affermazioni di Arcuri hanno destato la reazione immediata di anestesisti e rianimatori, che hanno risposto, evidenziando le importanti criticità presenti nei reparti di terapia intensiva e la conseguente pressione sugli operatori che ci lavorano. “Un posto di terapia intensiva non si crea solo accendendo un ventilatore“, ha ribadito anche il direttore di microbiologia e virologia all’Università di Padova Andrea Crisanti, durante la trasmissione Agorà su Rai Tre. E ha aggiunto: “C’è dietro tutta una struttura, ci sono competenze difficile da moltiplicare. Perché non si moltiplicano i letti senza utilizzare infermieri e rianimatori. Un rianimatore ci vogliono anni a formarlo, e più posti letto segue, più è difficile per lui curare i pazienti“.
Il professor Crisanti ha poi evidenziato quello che definisce un “paradosso”: “più posti aggiuntivi si creano nelle terapie intensive meno pressione c’è e più il virus si diffonde. Così facendo, alla fine della pandemia, si scoprirà che le regioni con più posti in rianimazione avranno fatto più morti“.
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