Il leghista di Alessandria, classe 1983, è nella rosa dei possibili candidati alla presidenza della Camera. Avvocato dalla retorica puramente leghista, nel precedente governo è stato il capogruppo del Carroccio sempre a Montecitorio.
Le voci che confermerebbero Molinari come presidente della Camera circolano nei corridoi romani da giorni, ma Salvini last minute ha fatto sapere che Molinari resterà capogruppo.
Per eleggerlo si dovrebbe chiudere gli occhi su un procedimento giudiziario per peculato che lo ha coinvolto condannandolo a undici anni di reclusione, salvo poi assolverlo in cassazione a formula piena.
E c’è un altro procedimento apertosi non troppo tempo fa e a cui la magistratura darà un esito. Nel dettaglio, Molinari è iscritto da dicembre 2020 nel registro degli indagati dalla Procura di Torino per “falsificazione materiale mediante alterazione e/o sostituzione di atto vero destinato a operazione elettorale”.
Di certo c’è che Molinari è un salviniano doc che ha saputo ereditare dal leader della Lega tutta la retorica “nord protettiva” e autonomista che il partito utilizza quando gli fa comodo, e anche quella sovranista, sempre utile quando gli fa comodo.
L’estate scorsa a Pontida 2022, il discorso di Molinari per il pubblico dell’ambita Padania, che poi al voto del 25 settembre gli ha voltato le spalle preferendo di gran lunga Fratelli d’Italia, è stato tutto un crescendo su toni che viravano dal forte passionale alla persuasione politica più dolce e infarcita di storia padana.
Molinari sceglie parole chiave e tipiche del lessico leghista: non a caso nel suo discorso apriva con un riferimento all’invasione di un tal “Barbarossa” e alla conseguente “battaglia per difendere l’”identità” che ne è derivata.
È l’altro risvolto della politica leghista che ancor di più oggi si presenta doppiamente ambigua, con una parte del partito che cerca di dare voce alle autonomie regionali e l’altra, al più interpretata da Salvini, che spinge sulla sicurezza, il nazionalismo e il political show con abbondante uso di Madonnine e simboli religiosi.
Di Riccardo Molinari online nel sito della Camera sono pubblicate le sue dichiarazioni dei redditi. Ed è certo che da quando era soltanto un avvocato a quando ha intrapreso la via onorevole come deputato della Lega, il suo reddito è triplicato, più o meno.
Fra le skills più efficaci del candidato alla presidenza della Camera spunta infatti una laurea in giurisprudenza. Conseguito nel 2008 all’Università degli studi di Genova, il titolo gli ha permesso di diventare avvocato professionista.
La carriera politica però è precoce, Molinari si prende il tesserino della Lega Nord a fine Anni ’90, non è ancora maggiorenne ma ha già la politica nel cuore, oltre che i blucerchiati.
Nel 2010 si candida alle regionali in Piemonte e diventa consigliere per la provincia di Alessandria. Alle politiche del 2013 manca il bersaglio e non viene eletto alla Camera, sempre in quota Lega. Nel 2016 diventa segretario del partito dove milita per il Piemonte.
Nell’ultimo governo, che si è concluso a guida Draghi, Riccardo Molinari è stato deputato, componente della Commissione Politiche dell’Unione Europea e del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica e, soprattutto, era capogruppo del gruppo parlamentare leghista, sempre nell’Aula bassa. Poco si sa della sua vita privata e, a dire il vero, anche sui social Molinari non lascia trapelare niente di che. Su Twitter non posta nulla da alcuni giorni prima delle elezioni, vedremo se si mostrerà più loquace se sarà eletto alla terza carica dello Stato.
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