In Italia fare ricerca è difficile, nonostante i tanti primati raggiunti sono ancora troppo pochi gli investimenti nel settore. Con 12,6 miliardi di investimenti privati nel 2016, il nostro Paese si piazza tra gli ultimi in Europa. I soldi investiti sono otto volte in meno rispetto alla Germania e la metà di quelli francesi.
I ricercatori italiani sono tra i più ‘citati’ al mondo e quelli che pubblicano di più, quindi sono anche più produttivi: Ma spesso sono costretti a emigrare in altri Paesi per lavorare. Il dato preoccupante che vogliamo sottolineare è che al settore del Life Science, in Italia, manca una chiara regia. E soprattutto investimenti in Ricerca e sviluppo, fermi all’1,29% di Pil.
Gli ultimi dati del rapporto sulle Scienze della Vita presentato al Technology Forum Life Sciences spingono il settore a chiedere un impegno concreto da parte del nuovo Governo. L’obiettivo è sfruttare i punti di forza dell’Italia. Che “ha tutte le carte in regola per competere a livello internazionale con i suoi concorrenti, che non sono magari gli Stati Uniti o la Cina, ma altri Paesi europei che oggi fanno meglio di noi in ricerca e innovazione”. A spiegarlo è Riccardo Palmisano, presidente di Assobiotec-Federchimica e ceo di MolMed.
Palmisano ricorre alla metafora del treno per descrivere la situazione. “Lo scorso anno dicemmo “the train has left the station”, ma adesso abbiamo l’impressione che il nostro treno italiano sia fermo con il semaforo rosso subito fuori dalla stazione. E ci affidiamo alla speranza che Human Technopole possa catalizzare il rilancio di ricerca e innovazione nel Paese. E che questo nuovo Governo decida di mettere al centro dell’agenda le Scienze della Vita. Uno dei settori che potrebbe trainare la crescita sia dell’economia che dell’occupazione”.
Si pensa a un’agenzia nazionale che punti a una strategia di lungo termine certa e centralizzata, diventando punto di riferimento per chi vuole investire in Italia. Serve poi un rafforzamento nazionale della capacità di fare ‘trasferimento tecnologico’. Ossia di “far parlare la scienza con il capitale”, trasferendo le conoscenze dalla ricerca all’impresa. Valerio De Molli, managing partner e ad di The European House-Ambrosetti, che ha curato il rapporto, indica la via. Serve un “mister Life Science Italy’, che risolva “frammentazione e inefficienze”.
Il ministro di Educazione e Ricerca, Marco Bussetti, intende accogliere le richieste del comparto. Perciò ha annunciato che proporrà al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, la creazione a Palazzo Chigi di una “cabina di regia” interministeriale sulla ricerca, come primo passo per una governance centralizzata ed efficace.
“Mi sembra un’ottima apertura, soprattutto l’idea di avere una rappresentanza delle imprese, perché noi conosciamo quali sono i problemi e sappiamo ciò che deve essere fatto”, osserva Diana Bracco, presidente del cluster Alisei e del gruppo Bracco. “In questo quadro – aggiunge – e visti i primati che il settore sta registrando a livello internazionale, è indispensabile mettere in atto una chiara politica di attrazione degli investimenti nelle aree più competitive del Paese. Sostenendo le imprese e dando supporto a chi vuole investire”.
In collaborazione con AdnKronos
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