Ci risiamo. Ancora una volta la politica si prende meriti che non ha. Questa volta, a zittire la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini è direttamente una ricercatrice, Roberta D’Alessandro, che ha usato la sua pagina Facebook per chiedere alla ministra di non esultare per i successi che lei ha ottenuto da sola e lontano dall’Italia. La Giannini infatti, aveva usato il social network per congratularsi con i ricercatori italiani che hanno ottenuto borse di studio e fondi per la ricerca dall’European Research Council, cosa che aveva definito “un’altra ottima notizia per la ricerca italiana“. Implacabile, è arrivata la risposta della ricercatrice: “Ministra, la prego di non vantarsi dei miei risultati“, scrive sulla sua pagina Facebook, sottolineando che le borse di studio ottenute “sono olandesi, non italiane” e che l’Italia non ha voluto né lei né gli altri ricercatori premiati. Per questo, è inutile vantarsi: il nostro Paese ha costretto le menti migliori a emigrare per lavorare, lasciando l’Università e la ricerca in mano agli amici degli amici.
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Ministra, la prego di non vantarsi dei miei risultati. La mia ERC e quella del collega Francesco Berto sono olandesi,…
Pubblicato da Roberta D'Alessandro su Sabato 13 febbraio 2016
La risposta della ricercatrice ha fatto il giro del web ed è diventata un caso. Colpisce che la politica si sia accorta solo ora della realtà: per decenni scienziati italiani di ogni ramo del sapere sono dovuti partire per continuare a lavorare, mentre nel nostro Paese rimanevano “gli amici degli amici”. Roberta D’Alessandro ha scoperchiato l’ipocrisia dell’intera classe politica con un semplice post su Facebook in cui ha zittito gli inutili trionfalismi.
“L’Italia non ci ha voluto, preferendoci, nei vari concorsi, persone che nella lista degli assegnatari dei fondi ERC non compaiono, né compariranno mai. E così, io, Francesco e l’altra collega, Arianna Betti (che ha appena ottenuto 2 milioni di euro anche lei, da un altro ente), in 2 mesi abbiamo ottenuto 6 milioni di euro di fondi, che useremo in Olanda. L’Italia ne può evidentemente fare a meno“, scrive la giovane ricercatrice che oggi lavora in Olanda.
Il post della ministra Giannini
“Abbia almeno il garbo di non unire, al danno, la beffa, e di non appropriarsi di risultati che italiani non sono. Proprio come noi“, continua, elencando alcune situazioni che lei ha vissuto sulla sua pelle.
“Vada a chiedere alla vincitrice del concorso per linguistica informatica al Politecnico di Milano (con dottorato in estetica, mentre io lavoravo in Microsoft), quante grant ha ottenuto. Vada a chiedere alle due vincitrici del concorso in linguistica inglese, senza dottorato, alla Statale di Milano, quanti fondi hanno ottenuto. Vada a chiedere alla vincitrice del concorso di linguistica inglese, specializzata in tedesco, che vinceva il concorso all’Aquila (mentre io lo vincevo a Cambridge, la settimana dopo) quanti fondi ha ottenuto“.
Il caso delle onde gravitazionali
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La scoperta delle onde gravitazionali è anche firmata Italia. Il nostro Paese ha messo in campo menti, strumenti e progetti per arrivare a una scoperta che rivoluzionerà il mondo e, come sempre, anche la politica ha voluto prendersi parte del merito. La ministra Stefania Giannini e il premier Matteo Renzi hanno ringraziato e fatto i complimenti ai ricercatori e scienziati dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) che hanno contribuito a questa straordinaria scoperta. Il primo a ricevere i dati è stato un fisico italiano, Marco Drago, 33 anni. Insomma, anche questa volta l’Italia dimostra di non essere solo patria di “poeti, navigatori e santi” ma di illustri menti scientifiche. Tutto bellissimo, certo. Allora perché i tagli alla ricerca sono sempre in primi della lista? Perché nelle Università valgono più i baronati che i meriti? Perché costringiamo i nostri cervelli migliori a fuggire all’estero?
Chiunque abbia un conoscente o un parente ricercatore (in qualsiasi campo del sapere umano), sa cosa significa. Menti geniali, intelligenze vivaci e ricche vanno via dall’Italia un po’ perché, per far ricerca, bisogna fare sempre esperienze nuove, ma soprattutto perché non vogliono fare la fame. Come possiamo pensare di progredire come Paese se costringiamo giovani ricercatori a campare con assegni miseri? Pensiamo a quante cose potremmo fare qui, in Italia, se solo investissimo soldi nelle intelligenze nostrane. Se con fondi sempre più striminziti siamo riusciti a far parte della storia della scienza, cosa potremmo fare con veri finanziamenti (e non briciole) alla ricerca?
L’Italia nelle onde gravitazionali
Diamo a Cesare quel che di Cesare. La scienza italiana ha sempre espresso menti sopraffine e la scoperta delle onde gravitazionali lo dimostra ancora una volta. Se abbiamo “ascoltato l’Universo”, è grazie anche a VIRGO, strumento che con l’americano LIGO, è in grado di misurare le onde. Il progetto di VIRGO porta la firma dell’italiano Adalberto Giazotto e del francese Alain Brillet ed è sotto la responsabilità dell’Osservatorio gravitazionale europeo (Ego) che conta la collaborazione di 250 fisici e ingegneri da 19 laboratori europei, di cui la metà dell’INFN, l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. A questo progetto partecipiamo con Sezioni INFN presso le università di Pisa, Firenze con il gruppo di ricerca di Urbino, Perugia, Genova, Roma Sapienza, Roma Tor Vergata, Napoli, Padova, e i Centri Nazionali Tifpa di Trento e Gran Sasso Science Institute dell’Aquila. Giovani ricercatori e scienziati italiani sono stati in prima linea da sempre, fin dalla creazione del progetto negli anni ’70. VIRGO, ha spiegato il coordinatore nazionale dell’INFN, Gianluca Gemme, “oggi è uno dei tre strumenti più avanzati al mondo per la ricerca di onde gravitazionali”.
Il primo a decifrare il messaggio di LIGO è un fisico italiano di 33 anni, Marco Drago, che dopo la laurea a Padova è andato all’estero e ora lavora al centro di calcolo “Atlas” del Max Planck Institute ad Hannover. Lo scienziato ha spiegato a La Stampa cosa ha realizzato. “Sono stato io, con i miei colleghi di Padova, Trento e Florida, ad aver messo a punto l’algoritmo che valuta i dati raccolti dall’interferometro e decide di inviare la mail di “alert”. In altre parole siamo stati noi a creare il sistema di allarme automatico attraverso il quale l’esperimento comunica i dati che vengono registrati dagli strumenti in tempo reale”. Una scoperta e un lavoro di squadra, dunque. Ma perché lui era ad Hannover? “Sono partito un po’ per fare esperienza e un po’ perché in Italia non mi è stata data la possibilità di rimanere all’interno del campo delle onde gravitazionali”, ha spiegato. L’ennesimo cervello in fuga insomma.
Fondi per la ricerca, questi sconosciuti
Complice la crisi, i fondi per la ricerca scientifica sono diminuiti negli ultimi anni. A certificarlo è stata l’Ocse in uno studio che ha preso in esame la spesa dei 34 Paesi Ocse nel periodo 2008-2012, registrando una diminuzione a livello globale dal 90 al 70%. In quattro anni, la crescita degli investimenti è stata dell’1,6%, la metà rispetto ai 7 anni precedenti. Se però Cina, Stati Uniti, Corea e altri Paesi emergenti stanno correndo sempre più e si candidano a ruoli di leadership per il futuro, l’Europa arranca. Nel Vecchio Continente, come spesso accade, si va a doppia velocità: i Paesi del Nord con Germania, Danimarca, Svezia e Finlandia che destinano oltre il 3% del PIL, mentre quelli del Sud tagliano. Fanalino di coda l’Italia, con solo l’1,27%, metà della media Ocse (2,40%).
Come se non bastasse, non riusciamo neanche a prenderci i soldi dei Fondi UE per la ricerca. Il rapporto della Commissione per il 2015 ci vede terzi tra i 28 per il numero di progetti presentati (34.536), ma 20° nella capacità di ricevere i fondi; solo il 18,3% riceve soldi, contro una media Ue nel tasso di successo dei progetti presentati del 20,5%. Per capire, il CNR è quinto nella lista dei progetti andati a buon fine, l’INFN è 48esimo, la prima università italiana è il Politecnico di Milano, 35esima sul totale. Stiamo sprecando un immenso patrimonio di idee e capacità: sarebbe ora che la politica smettesse di usare toni trionfalistici e si desse da fare sul serio.
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