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Riciclo dei rifiuti: migliora la raccolta differenziata, +59% di imballaggi compostabili

Rispetto al 2013 gli imballaggi in plastica compostabili prodotti nel 2016 sono aumentati fino a raggiungere quota 47mila e 800 tonnellate, segnando un +59% totale. I dati di uno studio di Plastic Consult mostrano la crescita positiva nella filiera del compostaggio negli ultimi tre anni, segno di una maggiore sensibilità nei confronti del tema del riciclo dei rifiuti. Ma la sfida è fare sempre di più favorendo la raccolta differenziata, primo motore dell’economia circolare. “Ogni anno noi – afferma Antonello Ciotti, presidente del Consorzio Corepla – riconosciamo ai comuni che svolgono la raccolta differenziata circa 280 milioni di euro, che servono a coprire gli extra-costi della raccolta differenziata rispetto alla raccolta normale”. Il riciclo dei rifiuti, insomma, presenta molti vantaggi, non solo economici, ma anche ambientali, soprattutto, spiega Giorgio Quagliuolo, presidente di Conai, “in un Paese come il nostro, che è povero di materie prime. La raccolta differenziata non è un fine, è un mezzo. Il fine ultimo è il riciclo, quindi la raccolta differenziata deve essere fatta bene e deve essere di qualità“.

Così aumentano gli imballaggi in plastica compostabili, quelli che, al termine della loro vita, vengono raccolti e trasformati in fertilizzante. Sono i risultati di uno studio presentato all’incontro “Biowaste: ricerche e monitoraggi per favorire la qualità della raccolta differenziata dell’umido e della plastica”, organizzato da Assobioplastiche, Corepla, Conai e Cic. I dati sul riciclo degli imballaggi della plastica, compostabili e non, sono positivi. Si passa dai 25 chili per abitante del Veneto, ai 18 della Lombardia e della bistrattata Campania, fino a regioni meno virtuose, come la Sicilia, con appena 4 chili per abitante. Per migliorare questi risultati è necessaria una collaborazione dei cittadini ma anche delle amministrazioni che devono fornire servizi adeguati.

Quanta plastica e bioplastica transitano negli impianti di compostaggio? Lo studio del Cic rivela che negli impianti dedicati alla produzione del compost arrivano circa 31.000 tonnellate di bioplastica, che vengono trasformate in compost, e circa 73.500 tonnellate di plastica che devono prima essere lavorate per separare ed estrarre i materiali che impediscono di produrre compost di qualità. “Oltre a costituire un costo per gli impianti – aggiunge Alessandro Canovai, presidente Cic – questi polimeri fossili generano un effetto di trascinamento e per toglierli servono tecnologie complesse”.

Il problema sono le impurità dovute ai materiali compostabili all’interno della raccolta degli imballaggi di plastica destinati al riciclo. Dal monitoraggio curato da Corepla emerge una presenza di imballaggi compostabili pari a circa lo 0,85% della plastica raccolta. “Si tratta – si legge nel report – prevalentemente di sacchetti e shoppers che finiscono nei prodotti da avviare a riciclo. Sono circa 7.500 tonnellate e rappresentano una percentuale significativa degli imballaggi di plastica compostabili, pari a circa il 16%”.

Altro dato rilevante è l’alta qualità dell’umido raccolto in Italia: “La purezza media dell’umido raccolto nelle nostre città è superiore al 95%. La parte restante è costituita da materiali non compostabili, di cui oltre il 60% è plastica. La plastica rappresenta quindi il 3% circa dell’umido totale raccolto. La causa principale di questa impurità, – si legge nello studio del Consorzio Italiano Compostatori – va ricercata nei sacchi utilizzati per la raccolta dell’umido: nonostante l’obbligo di raccolta con manufatti biodegradabili e compostabili, più del 43% dei sacchi per l’umido non è risultato compostabile.

Il compost, un fertilizzante che si ricava dalla lavorazione dei materiali biodegradabili, spiega Fabrizio Adani, professore di chimica agraria all’Università degli Studi di Milano, “non serve per combattere l’effetto serra, ma per fare agricoltura, per migliorare la fertilità del suolo, per dare da mangiare a miliardi di persone”. I rifiuti organici possono quindi avere grandi benefici anche economici, per l’agricoltura biologica. Per questo l’attività di compostaggio è in crescita, una filiera che, mostrano ancora i dati di Plastic Consult, si sta ingrandendo: 352 milioni di euro di fatturato nel 2016, 3930 addetti in 152 aziende.

E potrebbe crescere ancora, aggiunge Marco Versari, presidente Assobioplastiche, “semplicemente togliendo la parte di prodotti che dicono di essere biodegradabili e non lo sono. Così si avvicinerebbe già al miliardo di euro di fatturato, aumentando i posti di lavoro, dal momento che ogni tonnellata di bioplastica significa 60 posti di lavoro nella filiera”. Bioeconomia significa “comunicare e dialogare con i cittadini – continua Versari – la cui collaborazione è indispensabile per garantire il successo delle raccolte differenziate, leve fondamentali anche in funzione delle normative relative all’uso di materiali ecosostenibili e al consumo consapevole“.

In collaborazione con AdnKronos

Kati Irrente

Giornalista per vocazione, scrivo per il web dal 2008. Mi occupo di cronaca italiana ed estera, politica e costume. Naturopata appassionata del vivere green e della buona cucina, divido il tempo libero tra musica, cinema e fumetti d'autore.

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