È emergenza rifiuti alle Maldive, a dimostrazione che anche questo paradiso vacanziero può conoscere un’altra faccia della medaglia poco gradevole. In questo arcipelago preso ogni stagione d’assalto dai turisti proveniente da ogni parte del mondo, vi è infatti un piccolo atollo che funge da discarica, è che ormai assomiglia molto più alla discarica di Malagrotta che non ad un ameno luogo dove trascorrere le proprie vacanze. Merito di un reportage che ha portato alla luce una verità scomoda quanto poco nota alle cronache internazionali.
È dai primi anni Novanta del secolo scorso che l’isola di Thilafushi, un atollo artificiale vicino alla capitale Malè lungo appena sette chilometri, è stata destinata a raccogliere l’immondizia di tutto l’arcipelago, prodotta soprattutto dai turisti in vacanza. La cosa non è un mistero, ma la notizia era sostanzialmente sconosciuta alla gran parte dell’opinione pubblica internazionale, che ha potuto toccare con mano questa sorta di lato oscuro del turismo di massa in uno dei luoghi più affascinanti e ricchi di bellezze naturali del pianeta, grazie al lavoro di documentazione svolto da Alison Teal, una regista 27enne, in collaborazione con i fotografi Mark Tipple e Sarah Lee, i quali hanno deciso di mostrare al mondo l’orrore di un pezzo di paradiso in Terra ridotto a vera e propria discarica.
Secondo gli addetti ai lavori, ogni visitatore straniero produce circa 3,5 kg di immondizia al giorno, il doppio di un abitante autoctono, tanto che l’atollo raccoglie ogni giorno 400 tonnellate di spazzatura. Come smaltire tutti questi rifiuti? L’annoso problema che in Italia purtroppo ben conosciamo si ripresenta anche qui, con montagne di spazzatura che risultano un vero e proprio pugno nell’occhio. La regista che ha realizzato il documentario dice di essere rimasta sconvolta dalla quantità di bottiglie di plastica che galleggiavano nel mare e sulle spiagge: riciclare tutto questo materiale potrebbe portare soccorso e benessere all’intero arcipelago, e chissà che le scioccanti immagini divulgate non possano far riflettere anche il turista sull’impatto che produce la sua vacanza con ogni tipo di agio e comfort.
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